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54 del rinnovamento civile d'italia


proporlo nelle nostre adunanze. Non che procedere da suggestione esterna, esso era un corollario logico della politica professata in comune ed espressa cosi nel discorso della corona come nel programma e nella Dichiarazione del ministero1, per non parlare degli scritti miei propri2. La qual politica, avendo



  1. Niuno, spero, vorrá obbiettare che non ci fosse formalmente significata, quasi che mettesse conto a conciliarci gli animi e facilitare le pratiche il dire ai toscani e ai romani: — Se non sarete savi noi vi faremo guerra. — Perciò cercando di scusare i miei colleghi dinanzi alla Camera, io potei dire con veritá che il nostro dissidio non «si riferiva ai punti della politica nazionale espressa nel nostro programma» (Documenti e schiarimenti, xvi)
  2. «Il tollerare che in qualche parte d’ Italia prevalga il principio repubblicano sarebbe quanto un esporre a gravi rischi la monarchia in tutta la penisola e, stando le cose dette, un mettere in compromesso il nostro Risorgimento. Tal è la contagione delle idee superlative nelle moltitudini, che una scintilla non estinta per tempo può suscitare un incendio. E anche dato che il fuoco non si propagasse, chi non vede che un tal miscuglio di repubbliche e di principati altererebbe l’armonia e offenderebbe notabilmente l’unitá italica? 11 ricorrere alle armi per soffocare il male ne’ suoi principi sarebbe giusto in se stesso, imperciocché la lega italiana, come rappresentante dell’unitá nazionale d’ Italia e direttrice suprema degl’interessi universali, ha il diritto di provvedere alla salute comune. Sarebbe un grave errore il credere che le varie provincie nostrali abbiano un’assoluta indipendenza, la quale riuscirebbe incompatibile coll’unitá nazionale. Un popolo non può intervenire nelle faccende di un altro, ma i capi di una nazione possono richiamare al dovere un membro ribellante. Tuttavia siccome non tutto che è giusto è pure sempre opportuno, io temerei che l’uso della forza potesse in tal caso provocare una resistenza disperata e accrescere il male in vece di curarlo. A molti parrebbe questo un violare la libera elezione dei popoli; e benché ciò non fosse, giova evitare anco l’apparenza di un’ingiustizia. Carattere pellegrino e bellissimo della nostra rivoluzione si è l’accordo della legittimitá dei governi col consenso dei sudditi; onde la ragion divina e l’origine popolare del sovrano potere insieme concorrono. Finalmente la guerra civile è un tale infortunio che si dee riservare all’ultima necessitá, la quale non militerebbe nel presupposto di cui parliamo» (Operette politiche, t. ii, pp. 45, 46). Queste parole, scritte in Parigi ai 3 di marzo del ’48 e non biasimate dalla Concordia né da alcuno dei democratici, prenttnziavano l’intervento armato ch’io cercai di effettuare circa un anno dopo. Forse anch’esse mi furono inspirate dagli ambasciatori? E si noti che ivi si esprimono le due veritá capitali che giustificano l’impresa toscana: cioè i. l’essere l’intervento nazionale colle armi giusto in se stesso; 2. il non doversi usare che in caso di necessitá ultima e riusciti vani gli altri spedienti. Conferisco ivi la balia di farlo alla lega, giacché il mio discorso suppone che questa sia giá in essere; in difetto di tal potere ordinario, egli è chiaro che dovea supplirvi lo straordinario, cioè l’egemonico. E si noti che ivi accenno a due obbiezioni che mi furono fatte Panno seguente; l’una delle quali, cioè il pericolo di una resistenza disperata, non era applicabile al caso toscano per le ragioni espresse di sopra.