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seconda mediante l’egemonia del Piemonte. Il quale se l’era aggiudicata fra gli applausi di tutta Italia, facendo una campagna contro il Tedesco e allestendosi a cominciarne un’altra. Niuno gli contendeva questo diritto e l’uso dei mezzi richiesti a colorirlo, anzi i popoli e gli Stati espressamente lo riconobbero e lo confermarono. E certo saria stato strano e contraddittorio che i piemontesi, versando il sudore ed il sangue per liberare i loro fratelli, non avessero potuto frenare quei moti intempestivi che si attraversavano al buon successo e rendevano vani gli sforzi eroici messi in opera per ottenerlo. Né si abusava di cotal diritto ricorrendo alle armi dopo di avere invano tentato ogni modo di amichevole accordo. Bisogna dunque o negare l’egemonia subalpina e tener per ingiusta la guerra fatta, o confessar giuridico l’intervento. Né rileva che l’impresa di Carlo Alberto fosse militare e contro gli esterni; imperocché, oltre al trarsi dietro molti atti civili nel paese occupato, ogni fazione guerriera, quando si tratta di nazionalitá e di autonomia, legittima tutte quelle provvidenze eziandio politiche che sono assolutamente necessarie per vincere. Chi vorrá biasimare un capitano che per salvare uno Stato negli ultimi frangenti si arroghi una giurisdizione civile, sino ad esautorare un magistrato traditore od inetto, che per tristizia o per dappocaggine si attraversi a’ suoi ordini, mettendo lui a pericolo di una certa sconfitta e la patria dell’ultima rovina? Brevemente: l’egemonia in una nazione che sta per risorgere importa un potere tanto universale quante sono le occorrenze di esso risorgimento; e chi nega un vero cosi cospicuo non sa che sia nazionalitá, egemonia, patria, indipendenza, ed è piú capace di servire al barbaro che degno di riscattarsene.

Ma vi ha di piú. L’intervento nazionale è non solo lecito ma debito, se si richiede a evitare il forestiero e ad impedire che in vece di un solo tutti gli estrani piovano armati a farla da padroni in casa tua propria. Tal era il nostro caso, poiché i puritani avean condotte le cose a segno che in vece di dar la caccia al Tedesco eravamo in punto di riceverla da esso, dal Francese e dallo Spagnuolo. Chi può dubitare che in si fatto frangente l’intervento patrio non fosse cosi buono, lodevole,