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18 del rinnovamento civile d'italia


nazionale»1. Per tal guisa ci appartavamo insieme da quei cattivi democratici che disconoscono la nazionalitá o la pospongono ai minori beni, e dai municipali che aveano informata e diretta l’amministrazione dei precessori.

Importava non meno il far aperto divorzio dai puritani, che parteggiavano a sproposito per l’unitá assoluta e per la repubblica. «Chi non vede che per unizzare compitamente l’Italia e ridurla a repubblica, converrebbe violare i diritti di tutti i nostri principi, distruggere i vari governi della penisola, mutare in un attimo le inveterate abitudini dei popoli avvezzi a monarchia e tenaci delle loro metropoli, spegnere affatto gli spiriti provinciali e municipali, e superare infine il contrasto di Europa, a cui un’Italia repubblicana e unitaria darebbe per molti titoli gelosia e spavento?... Non crediate però, o signori, che coll’assoluta unitá e colla repubblica per noi si vogliano ripudiare le idee ragionevoli che talora le accreditano presso il volgo, inetto a distinguere i concetti che si somigliano. Se l’unitá d’Italia ci pare oggi una chimera, la sua unione ci sembra possibilissima; se abbiamo la repubblica per un sogno, stimiamo egualmente che il principato non può durare se non viene informato dal genio del popolo. Quindi è che levammo sin da principio la doppia insegna della Costituente federativa e della democrazia»!2. Né la nostra ripugnanza all’unitá politica e al governo repubblicano era aliena dal moto italico, anzi nasceva dai principi che l’aveano causato e dai naturali suoi limiti. «In ogni rivoluzione civile havvi un segno fisso, oltre il quale non si può trascorrere. Quando il moto sociale è giunto a questo tratto, che è come il colmo dell’arco, esso dee fermarsi, ché altrimenti in vece di salire e vantaggiarsi peggiora e declina. Quindi è che coloro che si brigano di trapassarlo fanno opera vana anzi nociva, perché fondano sul falso, preparano una riscossa dei vecchi ordini; e il progresso diventa regresso, l’edifizio torna a ruina, la civiltá riesce a barbarie e il riscatto si



  1. Operette politiche, t. ii, p. 32i.
  2. Ibid., pp. 324, 325.