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servitú di Europa; e insomma che non essendo piú il centro dell’orbita nazionale, è divenuto un satellite rapito in giro (benché non se ne accorga) da una vertigine esterna. Lascio stare le altre considerazioni giá fatte intorno allo stato precario della libertá e indipendenza piemontese e ai rischi che corrono.

Le condizioni estrinseche dell’Italia in universale sono pure differentissime. Nel periodo del Risorgimento la nostra penisola armonizzava col resto di Europa, mirando ad appropriarsi le instituzioni politiche comuni ai paesi piú ingentiliti. Il principato civile tendeva a uniformare e ridurre, per cosi dire, a un livello politico le varie nazioni; né la Francia, che dopo le stragi di giugno inclinava a un patronato moderatore, si può dire che turbasse sostanzialmente l’accordo. Oggi tutto è mutato, e per un singolare intreccio di cose si può dire che non solo il male ma anche il bene ci sia avverso. Imperocché da un lato le vittorie dell’Austria, la prostrazione della Prussia, il prevaler della Russia, l’oppressura dall’Ungheria e della Polonia, la corruttela governativa della Francia, quanto sono favorevoli al regresso predominante in due terzi d’Italia, tanto rimuovono ogni aspettativa di miglioramento e pericolano quel solo angolo di essa che serba intatte le franchezze acquistate. Dall’altro lato essa Francia ridotta a stato di popolo, la parte democratica crescente ogni giorno fra le culte nazioni di Europa, lo sdegno e la sconfidanza universale verso i principi, come autori e complici di tante sciagure, sono disposizioni poco propizie allo Stato regio e lo debilitano anche in quei luoghi dove non si è macchiato colle brutture e colle fierezze. Brevemente, il contrasto tra il desiderio ed il fatto non fu mai cosi vivo e notabile come oggi, ché quasi tutto il mondo civile è in effetto oppresso da giogo dispotico e per istinto inclina alla repubblica. Vedesi adunque quanto sia mutato l’essere dei popoli italici, che soggiacquero alla sorte comune; e il Piemonte, che solo conserva la monarchia civile, è minacciato insieme, quanto allo statuto, dal regresso presente e, quanto al principato, dalle future rivoluzioni.

Il ripigliare l’opera del Risorgimento italiano essendo impossibile, resta che si dia mano ad apparecchiare il Rinnovamento.