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capitolo decimoquinto 165


si dorranno che abbia dato in fallo e forse rideranno di coloro che il concepirono. — Ciò è vero in parte; e io, non che dissimularmi la grettezza di quei principi, l’ho avvertita formalmente. «Siccome per l’italiano che vive al di d’oggi — cosi io scriveva nel quarantacinque — la patria ed il secolo son ridotti a pochissima cosa, se vuol recare qualche giovamento egli è costretto di attemperarsi alla loro debolezza, facendosi piccolo coi piccoli, misurando il suo scopo dal probabile e dallo sperabile, non da ciò che può accadere e si può desiderare, lasciando da canto non solo le utopie ma ogni disegno che abbia dell’arduo e del grande, e imitando il pedagogo che appiccinisce e trincia e sminuzza la scienza per adattarla al tenero palato dei fanciulletti. Cosi, per discendere a qualche particolare, chi abbia l’animo non dirò giá all’antica Roma e a tutte le meraviglie dell’etá italogreca, ma soltanto a quel che sono al di d’oggi le nazioni piú culte e piú potenti come la Francia e l’Inghilterra, e volga quindi l’occhio alla nostra povera Italia, vedendola ridotta tanta miseria e grettezza, cosi fiacchi e pusillanimi i piú dei cittadini, cosi timidi e meschini molti di coloro che la governano, egli può essere tentato di dare un calcio a tutti gli ordini presenti e di spazzare il suolo per innalzarvi di pianta una nuova fabbrica. E se altri entra a parlargli di piccole riforme e giunge a tanto di audacia che gli proponga una confederazione dei vari Stati italiani, come le colonne d’Èrcole a cui si può stendere il corso del nostro incivilimento e come la miglior fortuna dell’antica patria dei Camilli, dei Scipioni e dei Cesari, non mi stupirebbe se, non che seguire i modesti consigli, facesse pentire il consigliatore di averli proposti... Ma è pur forza allo scrittore civile abbracciar questa necessaria benché magra prudenza, facendo virtú della necessitá e buon senno della fortuna, se non vuol risolversi a scrivere pei morti e dee consolarsi dell’ingrato lavoro col pensiero dei beni che seguiranno. Rammenti che si acquista merito e gloria anche nelle piccole imprese, sovrattutto quando vengono richieste a partorir le grandissime; che i principi sono sempre piccoli; che tuttavia rilevano piú di ogni altra cosa, perché da loro dipendono la continuazione e