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sviarono il Risorgimento dalla sua meta. Entrambi furono contrari al regno dell’alta Italia, alla guerra patria, all’autonomia comune, e parteggiarono senza infinta col Russo e coll’Austria. Entrambi peccarono per ambizione, ignoranza e arrogante pertinacia, adoperarono arti gesuitiche ed indegne, abusarono la fiducia dei loro principali amici, e in premio della tradita Italia ebbero i favori di corte, mentre i loro intrinseci che volean salvarla sono in carcere o in esilio. Entrambi in fine immolarono la nazione a beneficio della loro provincia, e credettero di assodare in essa il principato e gli ordini liberi, dove che debilitarono l’uno e gli altri, e giá il primo ne vede gli effetti. Il piemontese nocque all’Italia piú ancora del napoletano, sia per la qualitá del paese a cui l’egemonia spettava, sia pel maggiore eccesso di zelo municipale; quando il Bozzelli ebbe l’animo alla lega almeno per un istante, ma il Pinelli la ripudiò due volte e ruppe le pratiche giá avviate per introdurla. Il solo punto in cui il subalpino sovrasti pel bene si è l’amore dello statuto, cui il regnicola lasciava miseramente perire. Laddove il Pinelli è devoto agli ordini costituzionali, e se avessero corso qualche rischio sarebbe stato caldo a difenderli. Se poi l’affetto che loro porta nasca da pura caritá di patria o da predilezione di uno stato di cose a cui deve e da cui dipende tutta la sua fortuna, lascerò ad altri il deciderlo, benché io inclini verso l’opinione piú onorevole al mio vecchio amico. Come il Pinelli recò ai comuni interessi maggior diffalco del Bozzelli, cosi il Mazzini, non meno ambizioso, ostinato e insufficiente di entrambi, si lasciò ogni altro addietro nella schiera onorata dei guastalarte, e merita il titolo non pure di sviatore ma di nemico e annullator principale del nostro Risorgimento.

Se dagli uomini passiamo alle qualitá loro, troveremo l’ignoranza e l’inesperienza, donde nascono l’imprevidenza, l’inerzia e l’irresoluzione, essere state comuni piú o meno alle varie sètte, proporzionatamente alla parte che esse ebbero nelle patrie disavventure. Né tali imperfezioni furono innocenti, essendo state per lo piú condite di pertinacia incurabile, di ambizione e di presunzione. Imperocché non pochi dei nostri guastamestieri