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capitolo duodecimo 7


era quello d’impedire che l’idea repubblicana prevalesse in Italia; onde nei vari scrittarelli che diedi fuori nel quarantotto e nel quarantanove combattei tale idea in termini assai piú formali ed espressi che non avea fatto nelle opere precedenti. Il che non procedeva punto da uggia verso il governo popolare, come molti leggermente stimarono, ma da ferma persuasione che oltre all’essere inopportuno, ogni tentativo che si facesse in suo favore sarebbe stato esiziale alla libertá e all’autonomia patria. Ma siccome le parole poco giovano senza i fatti, io mi risolsi che la medicina piú efficace dovesse nascere da quel potere in cui piú anni prima avevo collocata la molla politica e militare del Risorgimento. Il Piemonte, possedendo la monarchia piú robusta e la popolazione piú aliena dai capricci intempestivi di



    (se Filippo non cedeva al voto pubblico) parecchi giorni prima che succedesse. Appena scoppiata, altre mie lettere stampate in vari fogli di Piemonte e di Toscana (Operette politiche, t. ii) esprimevano i miei timori sulle pessime conseguenze che tal rivoluzione avrebbe avute per noi se si destava in Italia il capriccio repubblicano. Che se in iscritti destinati alla pubblica luce mi fu d’uopo parlare con una certa riserva, io non dissimulava nessuna parte del mio pensiero nelle private conversazioni. Un autore, che mi è sfavorevole e perciò non sospetto, accenna a una di queste, onde fu testimonio, la quale ebbe luogo in Genova ai 22 di maggio del ’48, cioè nel maggior colmo delle prosperitá italiane e un mese prima che sanguinosi tumulti mutassero il pacifico indirizzo della Francia. «Je l’entendis avec intèrêt, mais bien aussi avec quelque surprise, faire une rapide revue de la situation de l’Europe, juger sainement les calamitès désastreuses de la rèvolulion de février par rapport á la France, en apprècier, a son point de vue, les consèquences probables pour l’Italie. Il prèvoyait les bouleversements soudains qui altaleni èclater dans chaque État, et les voyait paralysant l’action des souverains et compromettant l’organisation de cette partie de l’Europe» (Souvenirs de la guerre de Lombardie pendant les annèes i848 et i849 par. M. de Talleyrand-Périgord, duc de Dino, Paris, i85i, p. 20). Altrove dice che «tout en condamnant ses doctrines philosophiques, on n’en doit pus moins reconnaître que monsieur Gioberti rendit á son pays un Service signalè en i848. Profondèment convaincu que la forme rèpublicaine était un anachronisme pour l’Italie, il eut le courage de se sèparer entièrement de monsieur Mazzini, et de lutter, par sa parole, dans toutes les occasions pour assurer le maintien de la monarchie, au moment même ou la France faisait retentir l’Europe du nom de rèpublique. Homme d’esprit, il avait jugè avec sagacité que la question d’organisation intérieure ruiiierait infailliblement celle de l’indèpendance, et que les dèchirements revolutionnaires amèneraient des fractionnenients bien plutôt que des agrègations de territoire» (ibid., pp. i3, i4). Il lettore mi perdonerá queste citazioni, opportune a mostrare qual fosse sin d’allora la mia politica, e che le previsioni con cui ella si governava erano ben radicale nel mio spirito e non nacquero dopo i fatti.