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ai ricchi e ai godenti, non alla plebe; trascurò le cose di fuori; consentí di scambiare l’ufficio glorioso di liberatore italico al nome vano di mediatore; cedette ai falsi consigli di chi per gelosia di Stato volea l’Italia divisa, o per ignoranza delle sue condizioni la bramava repubblicana; lasciò fuggire il papa a Gaeta; porse orecchio alla fazione gesuitica e fece buon viso a un concetto che, eseguito dal successore, preparò la materia di nuove rivoluzioni in Francia e in Europa1.

La politica del generale francese fu sottosopra la ripetizione della borbonica, ed ebbe la stessa sorte, scavallando l’autore e sostituendogli un’ombra d’uomo sotto nome di «presidente». Coi 10 di dicembre del ’48 comincia il terzo periodo, in cui i vecchi conservatori racquistano il maneggio e il potere perduti in febbraio. Il còmpito era bello e grande, se avessero conosciuto i tempi, antiveduti i casi, cansati gli antichi errori, non imitati quelli degli altri, e saputo accomodare il loro procedere alla gravitá degli eventi che allora correvano. Restituire alla Francia il suo decoro e darle l’indirizzo di Europa; esercitare un apostolato non di repubblica ma di libertá temperata e di giustizia; chiedere, sollecitare, esigere la revisione dei trattati del quindici; cercar l’amicizia dei governi liberi anzi che dei dispotici; stringersi coll’Inghilterra; impedir la rovina italiana, germanica e magiarica; patrocinare le classi misere; por mano ai miglioramenti economici; rigettare ogni alleanza gesuitica; favorire la libertá del pensiero, l’instruzione della plebe, progressi della cultura; accoppiar l’idea dell’aristocrazia naturale a quella dell’elezione universale; avvezzar gli spiriti a una spezie di patronato benefico, di un governo di ottimati, fondato sul voto popolare e sull’opinione e non sul privilegio né sul monopolio; e quindi deporre ogni pensiero di ristaurare i principi espulsi e abbracciare con franco animo gli ordini democratici. Tale dovea essere l’assunto, e sarebbe stato se i guastatori della monarchia fossero idonei a stabilir la repubblica. E mancando all’opera i

  1. Consulta Operette politiche, t. ii, pp. 249-252.