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54 del rinnovamento civile d’italia


curiale quelle d’Italia gli mettevano gelosia e spavento1. Stimava pericoloso a’ suoi diritti politici che la penisola divenisse una nazione unita e gagliarda, e che il sentimento di ciò che furono e possono essere nei petti italici si ridestasse. E quanto piú avverso a ogni pensiero e tentativo di redenzione italiana, tanto era piú tenero e sviscerato dell’Austria, nemicissima per odio invecchiato, ambizione, memorie, interessi, del nostro nome, e pel possesso lombardo piú atta e propensa di altri a mantenere l’antico giogo. E siccome per l’intima lega delle idee e dei fatti la nostra causa è assorellata con quella degli altri popoli, Roma, specialmente dal quindici in appresso, fu non solo indifferente ma infesta alle nazioni afflitte: vide a occhi asciutti lo scempio, benedisse i carnefici dell’Ungheria e della Polonia e pianse la risorta Grecia non meno caldamente del Turco. Essa odia le instituzioni liberali e i civili progressi per le cagioni medesime, e inoltre per la sua inettitudine a parteciparvi, la ripugnanza alle franchigie della stampa e dell’instruzione, la confusione del sacro col civile; imperocché come negli Stati laicali i borghesi, cosí nell’ecclesiastico i prelati governano, e il monopolio di questi riesce tanto piú odioso quanto piú inetto e ripugnante alla santitá del loro grado. Laonde, a ridurre il molto in poco, dalla mischianza dei due ordini nata nei bassi tempi provennero i traviamenti di Roma moderna, e il temporale abusato è rovina dello spirituale. Invano nell’etá scorsa alcuni papi sapienti e benevoli cercarono di rimediare al male, il quale risorse piú vivo nel quindici per l’auge ripreso dal dispotismo europeo, benché la bontá personale di Pio settimo e il senno di Ercole Consalvi lo temperassero. Crebbe sotto i successori, e specialmente nel lungo regno dell’ultimo Gregorio, i cui giorni ci parrebbero i piú tristi di cui l’Italia abbia memoria, se quelli d’oggi non li facessero desiderare.

  1. «La tradizione è in Roma quasi tanto potente ed efficace negli ordini temporali quanto negli spirituali» (Farini, Lo Stato romano dall’anno 1815 all’anno 1850, Torino, 1850, t. 1, p. 6).