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libro primo - capitolo secondo 51


sortirete né anco a tempo lo scopo che vi proponete, perché in vece della sicurezza avrete il terrore, in vece di una stupida rassegnazione il bollore ed il fremito dei popoli violati, e una pace piú torbida e funesta della guerra vendicherá il parricidio da voi commesso nella regina delle nazioni.

I principi però non furono soli a praticare questa insana politica, ed ebbero per consiglieri, complici, ministri, quegli uomini che oggi si chiamano volgarmente «conservatori» e che dal quindici in poi sono arbitri degli Stati col maneggio degli affari, l’opinione e le aderenze. Essi appartengono alle varie parti della classe educata e colta; ricchi, nobili, cittadini di mezza taglia: né professano una sola dottrina; ora parteggiando per un dominio dispotico e mite, come giá in Germania e in Italia; ora per un’oligarchia moderata, come nella Svizzera e nell’Inghilterra; ora pel principato civile, come in Francia, nel Belgio, nella penisola iberica. Ma non ostante queste e simili differenze, due cose gli accomunano; cioè, quanto alla classe, il genio borghese, che piglia la forza dall’ordine prevalente di numero e colora piú o meno eziandio gli altri ceti; quanto alla politica, l’egoismo nazionale e il monopolio governativo. Sieno essi popolani o gentiluomini, di mediocre o di gran fortuna, fautori di un dispotismo discreto o di una libertá temperata, costituzionali o repubblicani, gl’istinti gretti e meschini della borghesia signoreggiano i loro animi e imprimono la stessa forma nei reggimenti. Di qui nasce che negli ordini esterni dello Stato oggi predomina l’egoismo nazionale, che scioglie i vincoli fratellevoli delle genti, e tanto differisce dall’amore di patria quanto il conferire al vero pro di essa è diverso dal postergarne la dignitá e la gloria e dal prevaricare le ragioni della giustizia. Né questo egoismo è altro in sostanza che una larva del genio municipale, e ne ha tutti i vizi, le miserie, le corruttele. Negli ordini interni l’indole borghese partorisce il monopolio del governo, della cultura e degli altri beni sociali, ritirandoli dall’uso comune e facendone una prerogativa di pochi privilegiati. E siccome la civiltá si aggira su due oggetti, che sono i diritti e gli utili, le idee e le cose, le cognizioni e gl’interessi; cosí