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libro primo - capitolo primo 43


Parrebbe che il Balbo, differendo l’unione, dimezzando l’egemonia e troncandone quella parte che piú importava, avrebbe almeno dovuto supplir col Piemonte, e che mettendo innanzi a tutto l’autonomia, si sarebbe posto coll’arco dell’osso ad acquistarla. Ma il vero si è che egli non si fece un giusto concetto né della guerra dell’indipendenza né della stessa egemonia sarda. Questa fu affatto trascurata; e quando era facile colle persuasioni, coi negoziati, colle pratiche, tenere in sesto Roma e Napoli, provvedere alla lite siciliana, spegnere i cattivi umori nei loro principi, si stette colle mani a cintola e non si fece nulla. Gli apparecchi militari furono condotti con una mollezza, che sarebbe stata soverchia in una lite di confini e riuscí vergognosa nella guerra patria. Il grido magnanimo che «l’Italia dovea far da sé» sarebbe stato savio, se la penisola o almeno il Piemonte ci avessero posto ogni loro potere. Ora chi crederebbe che, mentre si dovea armare la plebe, si lasciassero in riposo le truppe di riserva? Non c’era via di mezzo plausibile: o usufruttuare tutte le forze proprie, o accettare il soccorso delle esterne. Il Balbo non pigliò l’un partito né l’altro: lasciò dormire l’Italia e rifiutò le offerte di Francia. Singolar cosa! Fin dal trentanove io predicai l’alleanza coi francesi, e dieci anni dopo, non che insospettire del loro aiuto, feci ogni opera per ottenerlo. Ciò nulla meno io ammonii piú volte i miei compatrioti di non rendersi servili imitatori dei nostri vicini. Per odio o per disprezzo forse? No certo, poiché io li bramava per ausiliari e per alleati. Ma essendo eglino piú innanzi di noi nella vita libera, avendo da gran tempo autonomia e unitá nazionale e giá incamminandosi dal principato civile alla repubblica, il voler premere puntualmente le loro pedate poteva essere la nostra disgrazia, come fu in effetto. Ciò che era progresso ragionevole da un lato delle Alpi diventava precipizio esiziale dall’altro, e i successi avverarono i miei timori. Ora il Balbo, che non volle la Francia in aiuto, ce l’avea poco prima messa innanzi per oggetto degno d’imitazione, proverbiandomi tacitamente ch’io sentissi il contrario1.

  1. Speranze, pp. 161, 168.