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libro primo - capitolo nono 271


una semplice lega, ossia per un’alleanza offensiva e difensiva del governo romano. Onde avvenne che Roma pigliasse ombra nuovamente del Piemonte e che il Rosmini rassegnasse l’ufficio suo, non giá perché fosse mal soddisfatto, come alcuni giornali dissero, della corte romana, ma anzi perché era mal soddisfatto de’ pensieri del nuovo ministero piemontese»1. Il che risulta da una lettera che il Rosmini mi scriveva in data dei 30 di ottobre, notificandomi che, mandata a Torino la bozza dei capitoli, il ministro sopra gli affari esterni aveagli risposto che «il ministero, maturamente considerata ogni cosa, non credeva tempo opportuno d’intavolare negoziati per una confederazione italiana»2. Cotali parole non han d’uopo di chiosa, poiché se ne raccoglie che mentre i ministri si obbligavano in pubblico a «provocare con ogni alacritá l’effettuazione della lega politica degli Stati italiani», decidevano in secreto, «considerata maturamente ogni cosa, non essere opportuno d’intavolare negoziati per una confederazione italiana». Né gli avvisi privati e amichevoli loro mancarono; ché io esortai piú volte il Pinelli a sollecitare tali negoziati, accennandogli i danni certi che sarebbero nati dal trascurarli, e feci altrettanto ne’ miei pubblici scritti3. Un’adunanza, che si teneva in Torino cosí in favor della lega come per promuovere l’autonomia italiana e l’unione coi lombardoveneti4, porgea istanze e rimostranze rispettose al medesimo effetto5. I ministri davano buone parole a tutti;

  1. Stato romano, t. ii, p. 374.
  2. Il Farini riferisce per disteso la lettera (ibid., pp. 374, 375, 376).
  3. Vedi I due programmi ecc.
  4. L’adunanza a cui accenno è la societá della confederazione italiana, che diede luogo al congresso federativo. Molti credono che io sia stato autore dell’una e dell’altro; il che è falso. Il pensiero della societá venne ad alcuni italiani di varie provincie raccolti in Torino, i quali me ne offersero la presidenza. Benché io non sia molto capace dell’utilitá e dell’efficacia di tali ragunate, accettai l’onore perché il rifiuto potea farmi parer connivente al governo e poco propenso alla confederazione. Quando poi si parlò del congresso, io mi opposi e feci ogni opera per rimuoverne i miei colleghi; ma la proposta fu vinta dai piú, e con grave danno, perché il congresso torinese destò l’idea della Costituente toscana.
  5. Documenti e schiarimenti, vii.