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tore1. «Facile era a lui piú che ad altra qualsivoglia persona il riuscire in corte romana ad intento onde la Chiesa e l’Italia, primi amori suoi, glorificarsi dovevano. Ché se Roma, come sperar si poteva, fosse alla proposta del nuovo legato sardo inchinevole, bene poteva ripromettersi; perché Toscana, la quale aveva sempre favoreggiati somiglianti intendimenti, allora governata dal Capponi, vi s’infervorava: laonde non resterebbe che Napoli, a cui giá la stessa Toscana mandava a perorare per la lega l’egregio senatore Griffoli, ed a cui l’autoritá del papa potrebbe far sentire ragione di utilitá se non amore all’Italia»2. Napoli infatti non poteva disdire al desiderio vivissimo di Toscana e di Roma e all’impegno giá preso da Gennaro Spinelli e da Carlo Troya. «Le speranze del Rosmini non andavano fallite, perché Pio nono quasi faceva in lui, ambasciatore sardo, un compromesso per Roma»3, e gli commise di stendere i capitoli4. Uno dei quali stabiliva che «la costituzione federale avrebbe per iscopo di organizzare un potere centrale esercitato da una Dieta permanente in Roma», la quale «dichiarerebbe la guerra e la pace e, tanto pel caso di guerra quanto in tempo di pace, ordinerebbe i contingenti de’ singoli Stati, necessari tanto all’esterna indipendenza quanto alla tranquillitá interna»5. Questo solo articolo assicurava la libertá in tutta la penisola e ci dava vinta l’indipendenza, rivolgendo a pro di essa tutte le forze italiche, rimediando alla mollezza del governo toscano, vincendo la ritrosia di Napoli e sciogliendo il pontefice da quegli scrupoli che lo ritraevano dal concorso immediato. Or che fecero i ministri sardi? Odasi il Farini. «Il ministero non gradí il disegno di confederazione compilato dal Rosmini e, senza proporne un altro o continuar le pratiche per una federazione, volle intraprendere negoziati per

  1. Parole del Rosmini in una lettera a me diretta e citata dal Farini (Stato romano, t. ii, p. 368).
  2. Farini, op. cit., t. ii, p. 370.
  3. Ibid.
  4. Il Farini li riferisce per disteso (op. cit., t. ii, pp. 370-373).
  5. Farini, ibid., p. 372.