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fra gli altri, Giovanni Berchet, che solo vale per molti e avea la fiducia dei conservatori; e li trovai unanimi a dire che un’assemblea a partito universale dovea spaventare i repubblicani anzi che i fautori del governo regio e subalpino. Parlai in questi termini a Carlo Alberto, che si mostrò soddisfatto delle mie ragioni; ne scrissi agli amici di Torino, e in particolare a Pierdionigi Pinelli, alcuni giorni prima che si aprisse la Camera. Il quale tuttavia due mesi dopo temeva ancora «che adottata in tali termini la legge, la Costituente sorgesse come potere unico nello Stato e si potesse tradurre, secondo i funesti esempi della Francia, in una Convenzione nazionale che, assorbendo in sé tutti i poteri, potesse indurre una crisi, in cui il principio monarchico e l’elemento organizzatore fossero per correre grave pericolo di far naufragio»1; conchiudendo che coloro i quali non aveano questa paura non eran uomini politici e di Stato, che «comprendessero le vere utilitá e le vere necessitá della patria»2. Ma gli uomini di Stato debbono saper bene la storia o almeno astenersi di citarla a sproposito. Il consesso nazionale di Francia spiantò una monarchia che da tre anni congiurava coi forestieri per tradire in mano loro la patria, e potè spiantarla perché una parte dell’esercito teneva col popolo. Or ciascun vede che convenienza avesse quel caso col nostro. Da un canto soldati rivoltosi, un’assemblea repubblicana, un re odiatissimo e cospirante (non per malizia ma per incapacitá e debolezza) contro l’indipendenza patria; dall’altro canto un principe che combatteva per l’acquisto di questa, una milizia fedele e nemica della repubblica, una Dieta che a giudizio di tutti i pratici del paese sarebbe stata ancora piú avversa ai demagoghi che ai tedeschi. E anche dato il contrario sull’ultimo punto, egli è chiaro che, se noi perdevamo, la Dieta non avea luogo; se poi si vinceva, i suoi eccessi non erano da temere in mezzo a popolazioni ligie

  1. Pinelli, La mia opinione ed un po’ di storia intorno alla discussione ed alla votazione nella Camera dei deputati sulle leggi per l’unione della Lombardia, ecc. Torino, 19 luglio 1848, pp. 7, 8. Egli ripete ed inculca lo stesso a pp. 10, 15.
  2. Ibid., p. 15.