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degli spiriti di municipio. Colla stessa agevolezza i puritani ci trasformerebbero in provincia gallica come nell’etá scorsa, purché tornasse in acconcio di vivere a repubblica; anzi stimano men male che l’Italia sia austriaca e serva piuttosto che libera ed autonoma sotto uno o piú re nazionali.

Alla nazionalitá si attengono intimamente l’unione e l’egemonia, e chi disvuole o frantende quella non può essere intelligente di queste né averle a cuore. Siccome la sola forma di unione possibile nel Risorgimento era la lega politica, i municipali, i puritani e i retrogradi si accordarono nel ripugnarla: i primi per non chiudersi la via a sbocconcellare qualche frusto di territorio e per altre ragioni, i secondi per amar meglio debole la patria che forte il principato, i terzi perché il titolo della confederazione non dovea toccare né all’imperatore né al generale della Compagnia. L’esercizio dell’egemonia militare e civile spettava al Piemonte e importava la guerra dell’indipendenza, la fondazione di un’Italia settentrionale e l’indirizzo morale della penisola. Il regno dell’alta Italia non rilevava meno che la cacciata del barbaro, anzi piú per un certo rispetto, giacché poco giova il vincere se non si assicurano i frutti della vittoria. Dappoiché i tempi non permettevano che la penisola a un solo Stato si riducesse, la sua redenzione era cosa affatto precaria se, cacciata l’Austria, non si univa il Tirreno coll’Adriatico, recando a unitá di Stato e di milizia tutta quella parte che corre lungo le Alpi e formandone quasi un valido antimuro contro ogni nuova invasione; giacché né l’Austria avrebbe ceduto a una sola disfatta, né saria stata sola alla riscossa, troppo montando a tutti i despoti boreali il soffocare la nascente libertá italica. Ora anche su questo capo, maraviglioso fu il consenso dei puritani e dei municipali coi nemici della nostra causa. Ai puritani spiacevano la forza e la gloria che ne tornava al principato; ai municipali della bassa Italia e a Ferdinando, Pio, Leopoldo davano nel cuore lo splendore della casa di Savoia e l’ampliazione dello Stato piemontese: come se, trattandosi del comun bene, si dovesse aver l’occhio agl’interessi particolari. Pare a prima vista che appunto per queste ragioni i