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libro primo - capitolo ottavo 199


per ambizione politica, ostinazione d’animo, puntiglio di parte, impeto di fantasia, difetto di esperienza e di buon giudizio, ricusano di contentarsi, anco a tempo, di qualunque ordine diverso dalla repubblica, avversano il principato costituzionale quanto il dispotico anzi piú ancora, godono a vedere la libertá monarchica spenta in Roma, Toscana e Napoli, desiderano che venga meno in Piemonte, antepongono il dominio dell’Austria a quello dei principi nostrali, si rallegrano della rotta di Novara e che la Lombardia, la Venezia sieno ricadute sotto il giogo alemanno; credono insomma che la felicitá civile non possa conseguirsi altrimenti che colla repubblica e abbia con questa a ottenersi infallibilmente, e quindi doversi abbattere in ogni luogo e ad ogni costo gli ordini monarchici per sostituir loro i popolari, senza pure inchiedersi se sieno opportuni e se, introducendoli senza apparecchio, sieno in grado di portar buoni frutti e riesca possibile il conservarli. E per ultimo non si appagano né anco della repubblica se essi non ne sono principi, disposti ad osteggiare il governo popolano non meno del regio quando non sia da loro capitanato. Confusione adunque della forma accidentale coll’essenziale degli Stati liberi, intolleranza di ogni ordine che non sia di popolo, e odio della stessa repubblica se non s’immedesima colla loro setta, sono i tre caratteri specifici dei puritani; e se i due primi si possono recare a semplice error d’intelletto, l’ultimo ne svela l’egoismo fazioso. Il loro torto pertanto non versa nella predilezione della repubblica, ma sí nel volerla introdurre a sproposito e a danno dei maggiori beni, quali sono la libertá, l’indipendenza, la nazionalitá, l’unione, la forza, la sicurezza, i progressi civili, e sovrattutto nel fare degli ordini repubblicani uno strumento privato di ambizione e di cupidigia. I puritani furono dopo le sètte retrograde i principali nemici del Risorgimento italico, e intesero sin da principio a corromperlo per tirarlo ai loro fini od ispegnerlo se il primo proposito non riusciva.

Da queste avvertenze e dai nomi stessi che adopero per qualificare le varie sètte si può raccogliere che io non colloco l’essenza loro, cioè la nota che distingue questa da quella e