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altri il godimento1. Ché se in noi la libertá e la liberalitá differiscono, la parentela delle due voci ne fa risalire alla fonte comune ed archetipa delle doti che rappresentano, cioè all’azione creatrice; la quale è libertá e liberalitá infinita, modello e principio di ogni libertá e liberalitá creata, atteso che creare è far liberamente e comunicare all’effetto una parte delle proprie perfezioni. Laonde negli uomini il poter di fare il male e l’abuso dell’arbitrio non si chiamano propriamente «libertá» ma «licenza», con antifrasi dedotta dall’abuso medesimo.

La libertá esterna e sociale è una propaggine, un’espressione, un’effigie della libertá interiore e morale dell’individuo. Pertanto i rigidi fatalisti, come Tommaso Hobbes e Benedetto Spinoza, sono altresí fautori del dominio dispotico, non potendosi ammettere di fuori e nello Stato una dote che si disdice alle sue membra e all’autore dell'universo. E come la libertá morale non ha pregio se non si rivolge al bene, cosí la libertá politica non è in sé buona né rea ma indifferente; e solo riesce ottima e preziosa se si ordina a civiltá, intendendo sotto questo nome la somma di tutti i veri beni e specialmente dei piú insigni, come la virtú e la scienza, nelle quali risiede il colmo del perfetto vivere civile. Laddove, sviata da questa mira, essa è cima

  1. La buona lingua italiana non ripudia, come alcuni stimano, la voce «liberale» eziandio nel primo dei sensi accennati. Le «arti» e gli «studi liberali» sono quelli che convengono agli uomini liberi e non mica quelli che tornano a guadagno di chi li coltiva o si diletta delle opere loro. Quando il Machiavelli «sperava tempi piú liberali e non tanto sospettosi» (Lett. fam., 9), e quando diceva che «le antiche cose accendono i liberali animi a seguitarle» (Stor., 5), mirava alla libertá e non al danaro, e voleva parlar di tempi e di animi liberi o degni di essere. E allorché la voce «liberale» suona «benigno», «amorevole», «cortese», come nella «risposta» e nella «venuta liberale» del Boccaccio citate nel vocabolario, la parola non viene talmente da «liberalitá» nel senso di «larghezza», che non partecipi ancora per indiretto dell’altro significato. Per una simile analogia «generoso» si dice del pari di chi sia munifico e di chi sia ricco di spiriti liberi e magnanimi. I sanesi trovarono nel 1525 l’appellazione di «libertini» per significare coloro che «faceano professione di desiderare la libertá» (Guicciardini, Stor., xvi, 2-3; Machiavelli, Lett, fam., 74); e Carlo Botta gl’imita, se ben mi ricordo, in qualche luogo delle sue Storie. Ma l’imitazione mi pare pericolosa, perché cotal voce, intesa alla latina o alla gallica (come oggi può succedere a molti) anzi che all’italiana o vogliam dire alla sanese, in vece di tornare a lode, diverrebbe un’ingiuria o almeno un complimento poco piacevole.