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libro primo - capitolo settimo 151


alla ragione e alla natura. Esso non può nulla contro il giusto e l’onesto, non può nulla contro le condizioni naturali della lingua, della schiatta, della consuetudine, del territorio; né quindi contro quel grado di nazionalitá, unione, indipendenza, franchezza, uguaglianza e via discorrendo, che si confanno a un dato luogo e tempo. «Se le leggi — dice l’Alighieri — non si dirizzano a utilitá di coloro che son sotto la legge, hanno solo il nome di legge, ma in veritá non possono esser legge, imperocché conviene che le leggi uniscano gli uomini insieme a utilitá comune»1. E si avverta che nella dottrina di Dante, come in quella dei platonici e degli stoici, l’utile non si apparta dal lecito e dall’equo. Dunque gli statuti e gli ordini positivi che un popolo elegge non possono contraddire alle dette parti, ma deggiono anzi porre in esse la ragione e il fondamento loro; al che mirano i preamboli e le dichiarazioni usate precedere o accompagnare le costituzioni popolari in Francia e in America2. L’onnipotenza popolare e parlamentare è tanto assurda quanto il diritto divino che i principi si attribuivano, come quella che in sostanza trasferisce nel popolo e ne’ suoi interpreti il dispotismo di Oriente e il vecchio giure imperiale. In ambo i casi il privilegio non che esser divino è veramente sacrilego, poiché l’onnipotenza umana è rapina di quella che è privilegio del Creatore3. E però ogni usurpazione di tal fatta è

  1. De mon., 2. trad. del Ficino.
  2. Niuno meglio espresse questa riserva di Francesco Lamennais, che scrisse «la repubblica francese riconoscere certi diritti e certi doveri, che non dipendono dagli ordini positivi ma loro precorrono e sovrastanno» (Projet de constitution de la république française, Paris, 1848, p. 3). L’autoritá del Lamennais è tanto piú grave quanto che niuno pareggia questo scrittore nel condire colla moralitá piú squisita e coll’eloquenza le materie civili. Lode che gli è data eziandio da coloro che non si accordano seco nelle opinioni di un altro genere.
  3. Perciò, secondo la platonica dottrina di Dante, la volontá diritta e la ragione dell’uomo, la ragione e la volontá divina sono una sola cosa. «È manifesto che essa ragione, essendo un bene, principalmente è nella mente di Dio. E perché ciò che è nella mente di Dio è esso Iddio... e Iddio massime vuole se medesimo, séguita che la ragione da Dio, secondo che è in esso, sia voluta. E perché la volontá e la cosa voluta in Dio è tutt’uno, séguita che la divina volontá sia essa ragione. Di qui nasce che la ragione nelle cose non è altro che similitudine della