Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 1, 1911 - BEIC 1832099.djvu/138

132 del rinnovamento civile d'italia


il buon assesto nazionale di ciascun popolo è conducevole a tutti, e che la nazionalitá degli uni dee esser cara agli altri poco meno della loro propria. La noncuranza dei conservatori verso le nazionalitá straniere è un egoismo nemico di se medesimo; e la politica instituita dal congresso di Vienna, avendo per effetto di scemar la ricchezza universale nella sua fonte, contraddice all’indole della civiltá odierna, che versa massimamente nei progressi industriali e mercantili.

L’Inghilterra, che fra le nazioni moderne di Europa è sola dotata di viril senno, si è resa capace di due veri importantissimi: l’uno che la libertá politica dei vari popoli giova a tutti, l’altro che la libertá economica non pregiudica a nessuno. I due uomini di Stato piú insigni che ella ebbe alla nostra memoria, cioè Giorgio Canning e Roberto Peel, li promulgarono e misero in pratica, vincendo col retto senso i sofismi del senso volgare e comune. Ma ella non si è forse tuttavia sciolta dalle pastoie di questo intorno a una terza veritá, che non è meno fondata e importa piú ancora; imperocché mentre favorisce e protegge il libero inviamento dei popoli disgiunti, ella par che ne vegga con gelosia gli sforzi indirizzati a ottenere o ricovrare l’unione e la compiuta nazionalitá loro. Tanto che se le spiacerebbe, per cagion di esempio, che il Piemonte, il Portogallo, la Spagna, la Grecia tornassero al giogo antico, per avventura non vedria di buon occhio che la penisola iberica e l’italica racquistassero l’unitá loro e che i discendenti degli elleni rintegrassero il prisco dominio, temendo di averli, quando che sia, concorrenti formidabili al suo commercio. Ma la libertá nazionale dei popoli non è men profittevole a tutti che la politica e l’economica, e il timor del contrario si fonda in una fallacia simile a quelle che dianzi patrocinavano la servitú dello Stato e del cambio. Imperocché ciò che si perde da un lato si rimette con usura dall’altro, ciò che è di scapito nel presente torna a ristoro abbondevole nell’avvenire. Uno Stato vale come emporio, né piú né meno di quello che prova come terra o come officina; tanto che quanto piú egli è ricco e atto a spandere i suoi proventi naturali ed artificiali, tanto piú egli serve di scolo largo e copioso