Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 1, 1911 - BEIC 1832099.djvu/12

6 del rinnovamento civile d’italia

partigiani; onde tutto condannano negli uomini eziandio stimabili, ogni qual volta sono avversi alla loro fazione. Seguirò all’incontro la massima dell’Alighieri: «Nos, quibus optimum quod est in nobis noscere datum est, gregum vestigia sectari non decet, quin immo suis erroribus obviare tenemur»1. Se intorno alle cose delle quali non fui testimonio oculato sarò incorso in qualche sbaglio, avrò obbligo a quei cortesi che vorranno avvertirmene; ma riguardo a quelle che mi concernono, io le accerto sull’onor mio, e quando altri le contraddicesse, gl’italiani decideranno se si debba piú credere alla sua o alla mia parola.

Discorrendo dei successi dell’Italia inferiore sarò breve e non uscirò per ordinario dai termini piú generali; laddove mi stenderò maggiormente intorno a quelli della mia provincia. Varie sono le ragioni che a ciò m’inducono. Imprima la notizia viva e precisa dei fatti minuti può aversi soltanto da chi è attore o spettatore o almeno in qualche modo partecipe, come io fui delle cose avvenute in Piemonte per lo spazio di un anno incirca. Laonde io posso mallevare la veritá rigorosa di questa parte della mia narrativa; il che non sarei in grado di fare se volessi diffondermi partitamente sugli altri Stati italici. Oltre che, il procedere usato dai rettori e dalle fazioni politiche nelle varie parti della penisola ha spesso tal convenienza con quello delle sètte e del governo subalpino che, salvo le varietá accidentali nate da circostanze e condizioni disformi, si può dire che sia tutt’uno; tanto che studiando l’uno si viene a conoscer l’altro, e le avvertenze relative a un solo membro si possono adattare agevolmente (purché si faccia con discrezione) a tutto l’altro corpo. Per ultimo (e questa è la ragion capitale), al Piemonte toccava a fare di compagnia con Roma le prime parti, e mancata Roma, doveva sostenere egli solo quasi tutto il peso dell’italica redenzione. Il quale era grave, ma non ricusabile da che il re di Sardegna era entrato nell’aringo; quando chi piglia un’impresa dee misurarla tutta coll’occhio ed esaminare se le sue forze sono bastevoli a condurla. Con questa sola condizione

  1. Epist., vi, 2.