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Quivi, ancora nella villa del Poggio Imperiale, trascorse bene otto mesi in negoziati con Napoleone, che non conducevano a nulla. Poi dalla Toscana, ove stava assai bene, volle andare ad ossequiare il nuovo Papa, allora creato a Venezia. E la Regina, che pure aveva per Firenze una decisa simpatia, ed era innamorata dei grandiosi suoi monasteri, i quali le promettevano tanta serena pace, lo seguì con entusiasmo. Incontrarono il Pontefice a Foligno, e Pio VII li accolse con premurosa tenerezza ed offerse loro sicuro asilo a Roma. Per la devota Clotilde il soggiorno di Roma significava la felicità maggiore a cui potesse agognare, sicché subito vi si trasferirono.

Ben presto però Macdonald e Brune ripresero le ostilità, ed essi doverono rifugiarsi a Napoli, fissando il loro domicilio nella reggia di Caserta, allora non peranche terminata. Questo trasloco procurò un profondo dolore alla Regina, che nondimeno vi si sottopose con la consueta serenità.

Durante il soggiorno di Caserta, Carlo Emanuele dovè accorgersi che Napoleone, primo Console, eludeva audacemente le proposte dei gabinetti inglese e russo in di lui favore, e che quell’insaziabile conquistatore non avrebbe mai restituito il Piemonte.

Infatti si seppe in breve ch’ei l’aveva diviso in sei dipartimenti, dichiarato settima Divisione militare, e che non vi era molto da almanaccare per capire a qual sorte lo si riserbava. Ciò abbattè più che mai quel carattere debole, quel fisico sconquassato, cui bastava