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maria giovanna battista 267

bre acutissima. Cotesta febbre, giudicata per febbre convulsa causata dallo spavento, si aggravò rapidamente, perchè da lui trascurata, tanto che in breve il caso si fece disperato. Sentendosi morire, questo principe buono, in fondo, e nobile, volle che si aprissero le porte del palazzo, perchè il suo popolo, che lo aveva veduto vivere, lo vedesse spirare, e questo avvenne il 12 giugno 1675. Egli aveva già fatto testamento, affidando la tutela del figlio novenne, e la Reggenza, alla Duchessa, la quale non ebbe la forza di assistere agli ultimi momenti di lui, e alle cerimonie inerenti alla vestizione dell’ordine di S. Maurizio, a cui apparteneva, che incominciano prima della morte; e stette nel gabinetto contiguo colla principessa Luisa di lui sorella, ed altri parenti.

Appena spirato il padre, Vittorio Amedeo, ammaestrato dalla madre, si accostò all’ambasciatore di Francia, e lo incaricò di pregare il suo Re a volerlo tenere come servo, dal suo canto, volere essergli padre, poche parole nella cui esagerata umiltà si leggeva tutta l’accortezza di Giovanna. Essa poi iniziò la sua Reggenza il giorno stesso della morte del marito, e con modi addirittura assoluti, abbastanza in contrasto con le lacrime che versava, ma ben in armonia col carattere che le attribuisce il Rousset, uno scrittore peraltro assai partigiano. «Natura ardente e appassionata» — egli dice — «carattere più violento che forte, facile a impennarsi, ma facile a rimettersi, eroica al primo fuoco, ma incapace di resistenza sostenuta; altera e va-