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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 383 BERLINO, 11 novembre. La Medea di Cherubini — Stradella di Flotow — Il Profeta di Meyerbeer — La critica a Berlino — Spohr e Pirani. Ettore Berlioz, il celebre francese, disse della Medea di Cherubini (e benché il Berlioz fosse antagonista personale del Cherubini, non manca mai di riconoscer gli eccelsi meriti del gran compositore italiano-tedesco). «ella mi ha l’aria di un discorso con un uomo dottissimo dell’alta aristocrazia, con cui puossi trattar di cose diversissime, senza che cessi mai dal mostrare il viso rigido dell’etichetta. Queste parole mi vennero in mente assistendo alla prima e sola rappresentazione del detto lavoro nell’opera nostra dopo un silenzio di tomba di più di settant’anni; quest’unica rappresentazione ei dimostrò che non è opera conveniente al gusto del nostro pubblico e avvalorò più di prima i vecchi diritti del sepolcro. E un lavoro che unisce grandiosità di fattura, chiarezza di melodie, eleganza di contrappunto, elevatezza di pensieri, ma ha la freddezza del ghiaccio. Così non sentì certo la protagonista del melodramma, come la fa cantare il maestro fiorentino. A volte il compositore tenta d’animar le tinte fredde e si prova a sentire e soffrire egli stesso colla protagonista ma non riesce mai a scordarmi che porta all’occhiello un nastrino rosso, e che è cavaliere dell’ordine della légion d’onore. Oggidì poi è impossibile far cantare durante un atto intero nessun altri che la protagonista; se pure la nostra bravissima Voggenhuber ha finito la sua parte con massima contentezza del pubblico e della critica, ciò fu per lei una vera fatica d’Èrcole. La massima parte chiama questa maniera di scrivere classica, un’altra minore invece noiosa; chi delle due ha ragione? — La sinfonia ed i due intermezzi sinfonici sono infatti veri gioielli della musica classica, e se Cherubini avesse potuto far lo stesso nel canto, che ha fatto nello stupendo trattamento dell’orchestra, l’opera sarebbe tuttavia eseguita nei nostri teatri, come sono i prodotti classici dello stesso tempo e della stessa maniera: Orfeo, il Don Giovanni, il Flauto Magico ed il Fidelio. Cantori e cantatrici posero il massimo impegno, ma senza frutto. -. _. Maggior successo ebbero lo Stradella di Flotow ed il Profeta di Meyerbeer; il primo ebbe per protagonista lo Schott or ora scritturato, vero ornamento della scena nostra; nell’altro riapparve la prima volta dopo il suo congedo il nostro Niemann. Lo Stradella è un’opera, che non ha pretensioni all’arte elevata; e vi si potrebbero trovar molte cose a cui non farebbero buon viso i critici severi, ma non si deve negar molto talento melodico al compositore, il quale non ha poi infinito torto di non volersi tribolare coi problemi ostinati del contrappunto, se è riuscito a fare un’opera come non si potrebbe desiderar migliore per la generalità del pubblico. Lo Schott divise gli onori della sera colla bravissima protagonista Kupfer-Berger, facendo del suo meglio e col massimo successo; ma i due eroi in quest’opera furono i due briganti (diventati quasi tipi) e rappresentati dal Krolop e dal Formes, i quali dovettero ripetere il celebre duetto. Quanto al Profeta l’esecuzione non fu ottima secondo il solito, causa il congedo del Nieman e della Brandt (Fede); i congedi degli artisti, anzi che a profitto del riposo delle voci loro, sono spesi in viaggi ed in rappresentazioni straordinarie nei teatri d’altre città; è naturale che ritornino a noi stanchi e colle voci che hanno più che mai bisogno di congedo; tentarono di dissimulare le loro indisposizioni colla buona volontà e non sempre riuscirono. Ottima invece apparve la Grossi nella parte di Berta. Ella aggiunse all’accento stupendo ed al bel canto un vero slancio drammatico ed un’audacia artistica nel trattamento dei registri altissimi da far stupore; scenicamente poi seppe tradurre ottimamente la fidanzata di Giovanni di Leida. Dalle molte critiche apparse prò e contro questo lavoro stupendo del Meyerbeer ne ho raccolte parecchie. Una mi ha fatto assai ridere ed è di un criticuccio di un foglietto insignificante, il quale sebbene non sappia scrivere ortograficamente, nuota nell’entusiasmo per quest’opera (della quale verosimilmente non capisce niente) e confessa che va a letto ogni sera collo spartito dell’idolo suo. Buon riposo! È lo stesso sapiente critico che parlò una volta con molta sicurezza dell’esecuzione della sonata in sol per piano e violino, mentre si era eseguita la romanza in fa di Beethoven per violino, conosciuta fra noi sin dai bambini! Si dicono molte belle storielle di questo celebre uomo, chiamato Mendel. Egli ottiene da terza mano la vostra Gazzetta Musicale, ma non sapendo l’idioma italiano ha la pazienza ammirabile di prendere il dizionario italiano-tedesco, facendosi tradurre così colla massima pena qualche notizia per il suo foglietto. Ma, Dio sa come gli avviene alle volte di leggere e di intendere. E ora in Berlino un critico celebre e dottissimo col nome di Tappert, brioso e sarcastico nelle sue pregevolissime scritture; questo gigante della critica fa sentire alle volte al pigmeo i pungoli suoi di vespa e consiglia al millantatore d’andar di nuovo a scuola ad imparare l’ortografia, lo stile e la logica. Volendo il punzecchiato nascondere la gran collera sua, la dirige agli altri critichi, ed alza principalmente il bastoncello contro il povero vostro «Raro» castigandolo per la sua troppa sincerità nello scoprire taluni stati funebri della vita musicale berlinese, nonché dell’esistenza problematica d’una certa «società musicale.» Ma quod licet Jovi (Tappert) non licet bovi» cioè al povero Mendel, il quale si stilla il cervello a scoprire il pseu-r donimo «Raro» che ha preso per lui le proporzioni d’un enimma colossale. Ma abbastanza di questa figura ridicola di critico! La morte in quest’anno infierisce nei circoli musicali, ora ab*biamo a pianger la perdita del bravissimo violinista Spohr (non parente col chiarissimo violinista dello stesso nome), artista il quale non ebbe che uno scopo: arrivar alla cima dell’arte del violino. Era stato nominato, non è molto, maestro concertatore nella cappella imperiale: posto a cui concorsero con lui molti fra i violinisti viventi più rinomati, e s’era acquistato coi suoi quartetti (con infinita pena) un posto onorevole allato del re dei violinisti, Joachim. Cosi dovette finir subitamente la vita d’un artista giovane e pieno di belle speranze per sè e per l’arte. Finalmente mi rallegro di potervi comunicare un successo onorevolissimo, avuto dal vostro compatriota, Eugenio Pirani, pianista e compositore di molto talento e scolare prediletto del Golinelli, nel concerto dato nelle sale della contessa d’Oriolla (dama imperiale di corte) con una sua composizione* Impromptu.» E un semplice motivo trattato dal Pirani con vera maestria. FIRENZE. Al Pagliano ottimamente 1 dite Foscari colla Potentini, col tenore Vanzan e col baritono Quintili-Leoni. Applausi a tutti. TORINO. Non essendoci pervenuta la solita corrispondenza, togliamo da una lettera i seguenti cenni circa l’esito splendido della Dinorah al Teatro Scribe. Tutti i pezzi furono applauditi, e tutti gli esecutori, fra i quali si segnalarono la brava signora Perniai ed il tenore Minetti. Il confronto della De Maësen, che diede prima questa opera fra noi, non nocque alla Perniai, la quale fu applaudita con entusiasmo e chiamata più volte al proscenio nei punti principali. E difficile far meglio la parte di Corentino di quel che faccia il- tenore Minetti. Bene anche il signor Cuyas (Hoël). L’opera ò concertata stupendamente ed i cori e l’orchestra fanno a meraviglia il loro compito So che il maestro Bozzelli ed il direttore d’orchestra Bertuzzi si ostinarono a voler migliorata l’orchestra coll’aggiunta di vari professori; se così non avessero fatto, l’opera da questo lato avrebbe zoppicato. TREVISO. Il nostro corrispondente ei scrive in data 11 novembre: Faccio una coda alla mia relazione del 7 corrente per dirvi che, cambiato il tenore, il paggio e la maga, lo spettacolo si è raddrizzato e promette di farci godere le ultime recite del Ballo in maschera. — Amelia, sentendosi bene sostenuta, cantò con sicurezza d’intonazione e potè far pompa de’ suoi mezzi. — Anche l’orchestra ora cammina bene.