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sone che fanno uso d’insulti e di villanie per ottenere un servigio. Il conte d’Avaux e il marchese di Crémar si ritirarono in fatti, lasciando i due onesti procuratori mortifica fissimi della scena successa. Ma intanto che questi apostrofavano scriamente l’ardente loro compagno, il marchese si avvicinava, nella sala del ridotto, al conte, e gli teneva il seguente discorso. — Mio caro conte, Molière ha detto: La collera di un medico è più temibile di quanto si creda (de Crémar era un citatore per la vita); ma la collera di un procuratore non è meno pericolosa, perocché se l’uno ha fra le mani il filo della nostra esistenza, l’altro ha in suo possesso i titoli delle nostre ricchezze

 e dei nostri beni. Noi siamo in lite

da venti anni, e possiamo continuare ad esserlo

 venti altri, se piace ai due procuratori

di vendicarsi dell’averli noi abbandonati in questa circostanza. Credete a me, poniamo un termine a cause che ci mandano in rovina, viviamo in buona intelligenza e facciamo che la nostra amicizia abbia principio stabile e durevole dalla prima rappresentazione dell’Ifigenia in Tauride. Il Conte d’Avaux accettò di buon grado la proposta pacifica del marchese di Crémar, e allungandogli la mano: — Marchese, gli rispose, sono al pari di voi disposto alla pace. Scegliete un arbitro e la sua sentenza sarà per me inappellabile. De Crémar pregò il signor de Malesherbes acciocché gli piacesse di giudicare in ultima istanza i punti in disputa. L’onesto e virtuoso magistrato si sdebitò di questo incarico difficile con piena soddisfazione delle parti; e una causa di vent’anni fu terminata in poche ore, con sommo dispiacere sicuramente dei poveri procuratori, che si vedevano privati per tal modo delIe enormi propine che procacciavano allora, come procacciano oggidì agli avvocati, le procedure

 civili lunghe e complicate.

Il signor Marteau deplorando, dopo quel giorno, il gusto ch’egli aveva avuto si mal a proposito per la musica di piccini, suoleva ripetere co’ suoi amici quel vecchio adagio, si pieno di buon senso e che molle persone dovrebbero ricordar con frequenza; Ne suitor ultra crepidam. Il praticante di studio piccinista, Tinville, comperò, alcuni mesi dopo, una carica di procuratore

 al parlamento; tredici anni da poi,

questo stesso procuratore, accusator pubblico presso il tribunale rivoluzionario, sotto il celebre

 nome di Fouquier-Tinville, faceva condannare

a morte il marchese di Crémar e mandava al patibolo il saggio Malesherbes. P. al teatro della Wieden Era la sedicesima volta che celebravasi a Vienna l’anniversario della morte di Mozart, allorché la vedova e il figlio di lui, volendo dare un doppio movente a quest’ovazione annuale, imaginarono di festeggiare il giorno natalizio

 di Haydn, in età allora di settantasei

anni. Quanto la capitale della Monarchia possedeva

 d’artisti, d’amici o protettori delle arati, quanto di ricchi signori, ecc. s’affrettò

a sottoscrivere a sì felice progetto, e venne scelto a tal uopo il teatro delia Wieden. Fra le tante persone che consideravano siccome

 dover religioso il tributare omaggi, ogni

anno, alla memoria di Mozart, Haydn solo non poteva assistere alla cerimonia; perocché la debolezza di sua salute, conseguenza dei suoi numerosi lavori, obbligavalo suo malgrado a non uscire di casa. S’egli non avesse seguilo che gli impulsi del proprio cuore, vi sarebbe andato sicuramente; ma le prescrizioni

 del dottor Capellini, e più di esse le

preghiere de’ suoi amici nel dissuasero. Era un grande sagrificio ch’egli faceva all’amicizia! però, non sì tosto venne a sapere, come si unisse il suo nome a quello di Mozart, e come egli fosse destinalo a divider gli onori della solennità, addio prescrizioni, mediche, addio preghiere amichevoli! Egli andrà sicuramente al teatro, poiché vuole trovarsi, ancora una volta, in mezzo agli artisti, e fra quel pubblico al quale ha consacrato

 per tanti anni le proprie voglie, i propri
 lavori.

È impossibile descriver la gioja onde fu compreso ognuno alla Wieden, allorché si seppe che Haydn voleva essere presente alla festa! Un’idea malinconica ad ogni modo veniva a mescersi col piacere.... E s’egli morisse per via?... Avrà la forza di arrivare sin qui? di resistere alle sue emozioni?... - Tale era il soggetto dei discorsi di lutti. A un tratto, sorgono nella sala della Wieden

 altissime grida; è il popolo che saluta

il vecchiardo: egli è portato al teatro! — E chi è l’uomo al cui braccio il Venerando

 s’appoggia? Forse un parente? Un

artista? - No, è desso il bucciere pel quale egli compose una volta il minuetto del bue; è un amico riconoscente. Si aprono le porte, e Ia principessa Estherhazy muovesi ad incontrare il maestro. Gli applausi degli spettatori si confondono coi canti dell’orchestra che lo saluta; ma egli non può rispondere che con la mano, giacché l’emozione

 ha attenuate, rifinite le di lui forze.

Haydn è collocato frattanto in una sedia a bracciuoli, nel mezzo di triplice fila di seggiole destinale agli amici dello spettabile vecchio; e dopo breve silenzio, durando il quale ognuno cerca nascondere quelle lagrime che gli potrebbero svegliare nell’anima sinistre impressioni, il maestro Salieri abbandona l’orchestra e si presenta a ricevere gli ordini del grande maestro... Qui, il loro pianto confondesi insieme, e i due amici stanno per lungo tempo strettamente abbracciati. Ma Salieri torna all’orchestra, ed è già dato il segnale. La cantala che Mozart aveva composta per Haydn è quella che apre il concerlo. Succede a questo pezzo la Creazione. La Fischer, Weitmùller e Radici cantan gli a solo. Invano, per un istante, la mano dell’illustre autore, tenta di battere il tempo.... essa ricade, e la sua testa s’inchina. Si accorre da tutte le parti, si trema d’una sventura.... Ma, grazie al cielo, non sono che lagrime; ultimo mezzo a noi concesso dalla natura

 per mostrare le nostre gioje, i nostri

affanni.... e sono lagrime di dolcezza! Tutto è sospeso per breve intervallo; le tenere sollecitudini degli astanti lo richiamano in sè, e gli restituiscono un po’ di forza.... Ricomincia il concerto; ma doppiamente rattristato e dalla vista di un grand’uomo che spegnesi e dal recente timore; quindi la musica

 assume tutt’altro aspetto. Non è più,

quasi diremmo, un concerto; è una preghiera all’Eterno affinchè prolunghi i giorni di Haydn. Rifinito da tante emozioni, egli è assalito da un tremito generale. Il dottor Capellini, che non lo perde di vista, teme che le sue gambe non sieno coperte abbastanza, e in un momento si recano d’ogni parte scialli di cachemire. — Che cosa bisogna fare, Dottore? parlale. — Grazie, miei buoni amici; grazie, miei cari, ripete una voce debole e quasi spenta... Nulla... nulla... è finito. Le forze lo abbandonano; ognuno si offre di portare il maestro a casa sua. Haydn, con un gesto ne li distoglie, e volgendosi all’orchestra, solleva al cielo le mani, e pieni gli occhi delle sue ultime lagrime, benedice ai suoi vecchi amici. Alcuni giorni dopo, Haydn non era più. P. Nella sera del 5 corrente, con la rassegnazione

 del giusto spirava la celebre cantante
 Giuseppa Grassini, nata a Varese nell’anno

1775, e l’accompagnavano nel suo morire la stima di tutti coloro, che, amici delle patrie.glorie, si contristano ogni qualvolta venga a mancare una di esse. - Il nome della Grassini era già divulgalo pria che al secolo XVIII subentrasse il presente, nel principiar del quale la fama di lei pervenne ad un apogeo come ben poche artiste melodrammatiche poterono conseguire. Da Zucchinetti, che di sè lasciò buona ricordanza qual maestro della cappella varesina, apprese le prime nozioni di musica e di solfeggio; quindi il raro timbro

 di voce e la beltà della persona indussero

il generale Belgiojoso ad incaricarsi della sua educazione, compita in Milano dal maestro Secchi, lo stesso che fu più tardi professore al Conservatorio di Musica. Nel prodursi sulle scene ebbe la fortuna di cantare con Marchesi nel carnevale del 1794 alla Scala, con Rubinelli e Brizzi nel successivo anno alla Fenice di Venezia, c con Crescentini di nuovo alla Scala nella Giulietta e Romeo del Zitigarelli nel 1796, e negli Orazj e Curiazj di Cimarosa a Venezia nel 1797, spartiti espressamente

 musicali, ed il suo talento pertanto

potè tosto informarsi a uno stile di perfezione oggidì sconosciuto. Un successo non aspettò l’altro; ne’ primarj teatri ed in regali concerti

 fu accolta con entusiasmo, ottenne ricchezze, e cospicui omaggi le vennero tributati

dalle sommità dell’epoca, compresa la più radiante di tutte. Poco dopo la vittoria di Marengo, Bonaparte, intesala in una serata dal generale Belgiojoso, e preso d’affascino, la volle a Parigi, ove al 22 luglio del 1800 cantò al Campo di Marte in un concert-monstre a cui presero parte ottocento esecutori. - Visitò Berlino, Londra, Monaco, poi richiamata in Francia fu assunta a direttrice del teatro italiano ed a virtuosa dell’imperiale Corte con stipendi! munificenti e con una pensione di 15000 franchi

 che ebbe a perdere colla caduta dell’impero. La Grassini nelle sere degli 11 e 15

aprile 1817 diede due accademie alla Scala, e per l’ultima volta comparve sulle scene, se pur non si erra, in Brescia neI 1819, cantando con Giuditta Fasta gli Orazj e Cu