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Note del Traduttore. (1) Ragion vuole che il signor De Lafage, per la maggior dilucidazione del soggetto che prese a trattare, adduca csempii, i (piali si rapportino alla nazione francese di cui parla. Un Italiano potrebbe forse riguardarsi estraneo, o, per lo meno, indifferente allo svolgere di un argomento, che riposa sopra dati speciali, non suoi. Con tutto ciò, sia per il modo elegante con cui l’autore procede, sia per alcune analogie vicine o lontane più che incontransi tratto tratto, sia per un certo corredo di osservazioni che possono essere apprezzate da ciascuno, giova sperare, non debba tornare affatto inopportuno c disaggradevole il seguito di essa memoria, prodotto d’altronde in un giornale che abbraccia l’arte della musica nel suo ampio dominio. (2) In Italia un tale proposito non andrebbe immune da contestazioni, giacché la moltitudine, che quivi frequenta i teatri (ed in questo caso per moltitudine intendasi il volgo sciocco cd il volgo saccente), ben lungi dal non accostarsi al giudizio del pubblico sensato, si crede ella stessa, quanto altri mai, giudice competente di un dramma, od altre produzioni analoghe. Ciò deriva dalla comune opinione dominante, che l’Italiano, superiormente dotato, non ha duopo che della propria costituzione organica per esser in grado di giudicare di belle arti, vale a dire, che bastino due orecchie italiane per discernere il buono od il cattivo, inerente ad una musicale composizione qualsiasi. Eppure, lo sa la buona Euterpe nostra, e lo sapete voi, poveri maestri compositori, quanto sia funesta siffatta opinione, invalsa fra quell’istcssa moltitudine che vi giudica a seconda delle proprie sensazioni, le quali bene spesso sono la più storta cosa del mondo!!.. (5) Alle canzoni quivi distinte si potrebbero aggiungere le religiose c sacre, particolarmente in vigore fra noi Italiani. E che altro sono per verità le litanie presso di noi, cd altre preci cantate dal popolo nelle chiese se non canzoni popolari, adattale al gusto speciale di ciascuna nostra contrada, cd improntate sul distintivo carattere di tonalità, di ritmo, di condotta melodica di ciascheduna di esse?.. (4) Questa sola nota, che potrebbe chiamarsi nota caratteristica, riscontrasi pressoché in tutte le canzoni, veramente bene assortite. Per esempio, nella canzonetta in dialetto Napolitano sopra citata (io te voglio bene assaje), pare che la nota caratteristica sia il fa in chiave di sol e nel tuono di si bemolle, sopra la parola io, nella seconda metà della duodecima battuta. io le ecc.,ecc. Pier-Angelo Minoli. MESSA DE DEL MAESTRO Luigi ROSSI eseguita in Torino nella Chiesa dello Spirito Santo I dì 25 scorso dicembre un’iscrizione collocata al di sopra della porta maggiore del Tempio dello Spirito Santo, ed il medesimo parato a lutto chiamava i fedeli a piangere c pregare per un caro e stimato defunto. Il maestro Luigi Rossi, per dar un tributo di stima cd affetto alla memoria del suo amico Angelo Testori, Primo Soprano alla Cappella Regia, mancato a’ vivi nello scorso mese di ottobre, compose una Messa a tre parti, la quale veniva eseguita da circa quaranta voci, c tra queste, oltre i Professori della R. Cappella aveanvi parecchi distinti dilettanti di questa capitale, colli’ accompagnamento del solo organo. Non è questa la prima volta che udimmo mu ~~7~’— sica ecclesiastica del Rossi, e che abbiamo scorto in lui l’uomo conscienzioso ed istrutto, che tratta l’arte sua con amore, che sa di quante cognizioni, oltre la pretta musica, deve andar fornito chi tiene a cuore di sdebitarsi con onore nelle diverse circostanze che gli si possono presentare; c, modesto del pari che colto, vuole coll’osservazione c colla fatica arricchire il tesoro delle proprie cognizioni, sdegnando di essere o solo anche somigliare a coloro che ignoranti e superbi menano i loro giorni all’ombra di una fama acquistata col raggiro e coll’impostura. Oh! bene avvenga a coloro che giunti a conoscere i bisogni presenti, veggono come non si possa degnamente esercitare un’arte senza il soccorso delle lettere, c provvedono perchè lo studio del Contrappunto non vada scompagnato da quelli studj che sono necessarj a formare lo spirito, ad innalzare la mente, a nobilitare il cuore, a scuotere ed alimentare l’immaginazione! Ed il Rossi con questa sua nuova creazione ha dato vie più chiara prova del come si sia seriamente applicato a’ buoni studj, c quanto la terribile poesia del Dies irae gli fosse penetrata nel cuore; il senso di quelle tremende e pietose parole venne in tutto il suo vigore c la sua purezza per le sue note trasfuso nei molti ch’erano colà accorsi, da pietà mossi verso il defunto, e dalla stima che già godeva il maestro. E di questa stima verso di lui porsero un non dubbio segno que’ Professori e Dilettanti, i quali col fatto mostrarono di essere persuasi della convenienza di replicate prove per intendere lo spirito della bella composizione, per colorirla a seconda del concetto poetico e del genio del maestro; di guisa che è giqsto il dire che vi si prestarono con calore, c l’eseguirono lodevolmente tutta, ed una massima parte anco perfettamente. Non scenderemo a particolari su questa partizione, perchè (piai più (piai meno tutti i singoli pezzi riscontrammo pregevoli sì dal lato della dottrina, sì da quello dell’espressione, come ancora per gli accompagnamenti, in cui abbiamo avuto campo di ammirare la maestria del Rossi nell’essersi studiato, c nello avere ottenuto, di rendere quasi nullo il difetto dell’organo, che male, a nostro credere, si presta ad accompagnare una voce sola: il fece parcamente, chè forse egli pure portava una eguale opinione; e traendo il maggiore partito dal concerto di più voci, e dai cori, riuscì a fare una musica degna del tempio, tale da appagare la mente dei periti e da portare la commozione in ognuno. Forse che il Rossi, mentre stava scrivendo queste sacre note, si dava a credere che il Testori, intelligente severo qual era, avesse egli pure a trovarsi presente. Oh! se ciò avesse potuto darsi, non avrebbe esitato un istante ad alzarsi da quella sedia su cui tante volte sedette ad udire i numeri di lui che stimava molto ed amava (piale figliuolo, c strettolo al seno, e bacialo, gli avrebbe ripetuto con effusione di cuore: «Tu sci un potente soste» gno della caduta Musica Sacra». Gualfardo Bercaaovich. FUNERALI DI WEBER A BRF.SDA al 14 dicembre, ora scorso, ebbe luogo in Dresda il sotterramento degli avanzi.mortali di Carlo Maria de Weber. - Il feretro coperto di velluto nero, con sopra ricamatevi delle corone di alloro in argento c seta verde, arrivò il dì antecedente da Magdeburgo per la strada ferrata, c fu deposto in una delle sale della stazione. Alle otto ore pomeridiane venne trasportato, da un battello illuminato da numerosi falots ed ornato di tapezzcrie nere c di trofei musicali, alla riva destra dell’Elba. Nel sito dove si doveva sbarcare trovavansi cinquecento fanti della guardia reale, tutti muniti di fiaccole, che formavano una parata in semicircolo. Nello spazio interno di questo semicerchio vennero a situarsi tutti i membri della cappella musicale del Re, quelli delle orchestre de’ due teatri, ed incirca trecento artisti e dilettanti d’ambo i sessi, tra i quali aveanvi parecchi di Berlino, di Lipsia e di Monaco, tenendo tulli in mano una torcia ed una corona d’alloro. A un segno dato, il direttore della cappella musicale del re ed altri venti artisti c dilettanti si resero a bordo del battello c ne levarono la bara, portandola in mezzo al semicerchio, dove fu deposta su d’un magnifico catafalco. Allora quattrocento cinquanta cantori ed istrumenlisti eseguirono un inno funebre del sig. Dottore Rcissiger, {tosto in musica dal signor Wagener, allievo di Mcyerbcer, c maestro di cappella del teatro reale dell’Opera tedesca in Dresda. Finita questa musica, clic produsse un imponente effetto, si pose la bara sul carro funebre, che era ornalo di trofei lirici, ed il convoglio si mise in marcia al suono delle campane di tutte le chiese. - Ecco l’ordine della processione: - Le bande di lutti i reggimenti in guarnigione a Dresda, che eseguivano alternativamente due marcie funebri, composte dal signor Wagener sopra motivi di Weber; - gli artisti della cappella musicale del re, guidati dai loro capi; - il carro funebre; - gli artisti c dilettanti che avevano eseguito F inno; - ed un gran numero d’altri amici ed ammiratori del defunto, camminanti due a duc c tutti forniti d’una torcia; - un distaccamento di cavalleria che circondava il convoglio; - d’ambi i lati di questo marciavano i militari che avevano formato il scmicircolo, essi pure con torcie. In tal modo la bara fu condotta alla cappella cattolica attenente al gran cimitero, c dopo un servigio celebrato in questo tempio gli avanzi di Weber furono nello stesso cimitero sepclliti, vicino a quelli del suo figlio primogenito, morto da circa cinque anni. Quando la fossa fu riempita di terra, gli assistenti vi deposero le corone di alloro che portavano. Tutte le case delle strade per le quali passò il convoglio erano illuminate con candele site ad ogni finestra. Una folla numerosa crasi riunita, per vedere i funerali del grande artista, i quali si sono compili col maggior ordine ed il più profondo raccoglimento. La sera susseguente, al teatro reale delI’Opera tedesca di questa capitale davasi il Freyschiitz e poi l’Inno Funebre de’ signori Rcissiger e Wagencr. Gli artisti di canto erano tutti vestiti a lutto durante l’esecuzione dell’opera. indisposizione di salute mi tolse di rispondere prima d’ora a ciò che F^il signor Gualtiero Sanclli ebbe a py? pubblicare intorno alle osservazioni Pjìida me fattegli sulla musica della sua Ermengarda (Vedasi il N. 48). E sebbene dopo il tempo trascorso possa la materia sembrare a taluno irrancidita, non credo potermi esimere da una risposta, atteso che in certo modo io venni provocato a sostenere coi fatti le censure di che mi parve vulnerabile il suo lavoro: il non rispondere darebbe poco buona idea della critica c di chi la fece. Perciò, mentre innanzi tutto debbo ringraziarlo sinceramente delle cortesi espressióni con che gli piacque discorrere de’ fatti mici, credo senz’altri csordj dovergli francamente dire che non mi sono gran che maravigliato di sentire che in (pianto alle censure non eravamo della medesima opinione. Essendo facile il capire come gli uomini si persuadano subito di ciò che li lusinga e sono invece restii a convincersi de’ loro difetti, io l’aveva pensato anche prima che su questo punto non ci saremmo trovati d’accordo. Era evidente che i pareri non dovevano essere stati conformi, dacché egli aveva agito diversamente di quello ch’io diceva. Ma io aveva scritto il mio articolo, non già collo scopo di convertire il bravo compositore al mio modo di vedere, bensì colla semplice intenzione di dire quello che mi sembrava della sua musica. Se mi sono ingannato, la conseguenza è presto immaginata: il pubblico si sarà riso di me e delle mie parole; se no, ad onta delle polemiche del signor Sanelli, le censure sussisteranno inviolate nella loro integrità; e questo, ■ — < ’"■À