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ino suo lavoro nel genere da lui prediletto scelse il salmo Lauda Jérusalem, etc. parafrasato dal Mattei, e quello musicò a foggia di oratorio. Incoraggialo dal buon successo e dalle esortazioni del suo avveduto Mecenate il cav. Francesco Gori, a quel c primo lavoro fe’ tener dietro ben presto, in siimi modo condotti e trattati, il davidico Deus refugium nostrum etc. parafrasato dal ridetto Mattei, e l’ossianesca Coniala, verseggiata dal Cesarotti. Allo stesso genere di composizione appartengono moltissimi altri suoi lavori, per lo più ad una o due voci, con semplicissimo accompagnamento di cembalo, condotti sopra i tratti migliori, clic la lettura dei più rinomali podi lirici, epici o tragici sì antichi che moderni gli venia mano a mano somministrando. Tra questi, tutti bellissimi, primeggiano a buon conto i canti sublimi di Daviddc nel Saul dell’Astigiano. Queste sue composizioni sono in istilc veramente appropriato od originale, c vantano poi qual pregio precipuo un certo carattere di grazia, d’ingenuità, veramente antica e direi (piasi virginale. (Sarà continuato} L. F. Casamobata. VARIET À COSTIMI (Da una lettera di IAbxI). ^jîvç£;*cr verità, egli è un bizzarro pcr££ ytsonaggio quello di musico-viaggia- a More. lo non ne conosco un altro ’che faccia una più miseranda c compassionevole figura; che abbia una riera più fastidiosa alloraquando egli se ne va di contrada in contrada, di città in città, di borgata in borgata, meraviglia ambulante nel mezzo delle immutabili meraviglie della natura, celebrità di un giorno passante all’ombra dei grandi nomi che hanno attraversato i secoli; inutile saltatore, trovatore disgraziato, che unisce, allo strepilo delle discordie civili, al rimbombo delle lotte e delle guerre. che.travagliano il mondo, il suono della sua chitarra. 11 pittore che viaggia non va incontro a tali ripugnanti contrasti; egli vive nella solitudine c nell’indipendenza; la natura esteriore, ch’egli ama, ch’egli ammira, è insieme l’oggetto del suo culto e lo scopo diretto dell’arte sua. Niente ha da chiedere alla folla; egli può abbandonarsi senza riserva alla contemplazione entusiasta, perdersi, immergersi nel sentimento della bellezza infinita: poiché, più la comprende, più la penetra, più la scopre, c più il suo lavoro diventa fecondo, diventa libero, diventa plastico. Quando lo statuario percorre la Grecia, l’Italia, questi paesi dove la forma umana ha ricevuto dalla mano di Dio tutta la perfezione e dai voli delF arte tutto lo splendore, il suo occhio ne afferra i contorni, la sua intelligenza ne studia i rapporti; poi, nel silenzio della sua stanza di lavoro, riproduce o crea, manifestando il suo talento o il suo genio. Nè l’uno nè l’altro trovasi arrestatone] suo slancio; nè l’uno nè l’altro vedesi turbato nello sviluppo armonico delle sue facoltà; nè l’uno nè l’altro è condannato a subire i detestabili contatti, gli ignobili intrighi, che risultano dai rapporti immediati e giornalieri col pubblico. Il musicante, pel contrario, intendo dire il musico esecutore, il concertista, ch’egli sia pure ciò che vi piace, pianista, arpista, violinista, cornista o clarinettista, nulla ha a che fare colla natura esteriore nè con i capolavori dell’arte. La contemplazione non è per lui che una perdita di tempo. Ch’egli arrivi a Venezia, a Firenze, a Roma, potrà esser pago di gettare correndo un furtivo sguardo sul palazzo ducale, sopra l’Apollo, sopra il Coliseo; fa d’uopo che si affretti di presentarsi, e di far mostra della sua virtuosità; bisogna ch’egli organizzi un concerto. Ora, per mettere in piedi questo anfibio vocale ed {strumentale, questo mostro di mille colori cogli occhi rossi, colla coda verde, colle narici bleues, ha bisogno del concorso d’una moltitudine d’individui, di cui ciascuno tiene in mano una delle funicelle che fanno muovere l’informe macchina. In primo o- --.. ■= luogo, gli è d’uopo sollecitare un’udienza dall’impresario, il (piale cominccrà col rifiutargli tutti i cantanti del suo teatro, e finirà, dopo molte preghiere, col concedergli la sala ad un prezzo che oltrepassi presso poco cinque o sei volte quello d’una domanda onesta; indi gli fa mestieri ili ottenere il permesso di far conoscere i suoi piccoli talenti; e parlamentare col signor incollatore d’affissi, onde farne attaccare l’annunzio in un modo nuovo e che dia subito negli occhi. Deve in seguito provvedersi di qualche cantatrice errante, che non manca mai di esser brutta, e di darsi l’importanza d’una Malibran sconosciuta; - provvederla d’un baritono disponibile, cantante a doppio fine, capace di eseguire le parti di basso o di tenore, secondo l’occorrenza. Se per disgrazia trattasi per il concertista d’un pezzo d’insieme, oppure con accompagnamento d’orchestra, oh! allora le sue fatiche, le sue tribolazioni non hanno più termine. I giorni e le notti passeranno ad arrampicarsi su per le scale a perdita di vista, a misurare coi piedi altezze incommensurabili. Le prove, cose eternamente necessarie, benché eternamente impossibili, terminano di fargli perdere la testa. Dopo di che, ecco venire il premuroso consigliere, l’amico avveduto, che lo assassinano di considerazioni giudiziose sopra la stagione sfavorevole (fa sempre o troppo freddo o troppo caldo, o troppo umido o troppo secco per un concertista), e sopra la scelta della sua musica, del resto assai rispettabile, ma che potrà non essere adattata al gusto degli indigeni. L’amico lamenta amaramente le disposizioni antimusicali degli abitanti. Ricorda il passaggio di Paganini, il (piale non ha attirato che un uditorio poco numeroso; il concerto di M.lle R., che non ha cavato le spese, e racconta tutto d’un tratto cento altre lamentevoli istorie atte a gettare lo spavento e lo scoramento nel cuore del povero artista. In ultimo luogo, arriva la questione del prezzo dei viglielti. Senza dubbio, se si stabilisse in ragione dei meriti del concertista, non si saprebbe elevarlo mai troppo, ma bisogna bene adattarsi alle circostanze: il borghese è economo, l’aristocrazia avara; le borse sono già vuotate dalle eie-. mosine fatte a sollievo degli incendiali o degli innondali. Ad ogni nuova considerazione, l’artista diminuisce d’un franco le sue pretese. Alle addolcite parole dell’amico, egli vede liquefarsi le sue speranze come la neve d inverno a’ tiepidi zollici di aprile. Allora gli si dispiega la lista di tutte le persone del paese che da un tempo immemorabile hanno diritto di viglielti gratis. 11 loro numero è tale da riempire la metà della sala. E una cosa, è vero, un poco dispiacevole; ma però l’esito diventa molto più sicuro; perocché il biglietto gratis implica F entusiasmo; è una cosa riconosciuta in lutti i paesi del mondo in-, civilito. Credete voi che l’artista si trovi al colmo delle sue pene? Voi dimenticate le dispute coll’appaltatore dell’illuminazione, le negoziazioni con quello delle sedie, i colloqui! coll’amministratore degli ospizi!, ccc. Un tal lavoro faticoso e ridicolo bisogna ricominciarlo in ogni luogo dove l’artista vuole stabilire la sua fama, dappertutto dove il bisogno del denaro Io stringe. Oh! come mai queste meschine c crudeli necessità contrastano coi bisogni della propria organizzazione! in quali infinite gare si dibatte c si consuma la sua forza! quali oscuri dibattimenti lo trattengono nelle più basse regioni della vita sociale, mentre la sua anima è possentemente sospinta verso le sublimi sfere dell’arte e del pensiero! Forse un giorno, quando sarò abbastanza vecchio da amare perfino gl’inganni e le miserie della mia gioventù; quando mi sarò decisamente collocalo nel punto di vista filosofico della vita, scriverò per i mici amici ottuogenari una veridica istoria, un libro di ricordanze, di cui il titolo potrà essere questo: «Le grandi tribolazioni che tengono dietro alle piccole celebrità; «Oppure: «Vita d’un musicante: - lunga dissonanza senza risoluzione finale.» - Intanto, io continuo la mia via, portando le mie nojc come un necessario bagaglio; e camminando assai velocemente fra l’ideale ed il reale, senza lasciarmi troppo sedurre dall’uno, senza mai lasciarmi schiacciare dall’altro. GAZZETTINO SETTIMANALE DI IIILAW Ò Corre già il nono giorno, da che si diede sulle scc* ne della Scala la prima rappresentazione di Semiramide. Che 1 esito sia stato infelice, la è già cosa troppo nota, nè giova il ridirla. Pure per amore di verità storica, O dobbiamo notarvi che la signora Angri s’è molto avvantaggiata nell’opinione presso i Milanesi, i quali l’ap. plaudirono in parecchi brani della parte di Arsacc. per bella eleganza di modi. Vi applaudirono pure il Biacchi (Idrcno) al quale si addice il pomposo fraseggiare di quest opera. Il basso Alizardfu qua c colà apprezzato, c qua e colà condannato. È però un bell’organo vocale quello di quest’artista, rotondo, assai esteso ed intonato. Peccato che il suo cantare sia d’una monotonia agghiacciante. Nei piani c nel mezzo forte la sua voce offre un nobile impasto. Noi l’abbiamo apprezzata in modo speciale nel delizioso terzettino finale. Nei forti si fa ruvida e sgraziata. - Si dice che i ne si apparecchino novità, vecchie, e nuove - La Ve- 1 stale di Merendante - Roswina di Battista. - Sarà bene, che vengali presto. Un altra disgrazia, che ultimi siamo pure ad annunciare, si è la caduta dell Osteria dì Andujar di Lillo al teatro Ile. L’esecuzione, tranne qualche brano del basso Massari!, vi fu sì infelice, che ne sarebbe impossibile dare il menomo giudizio intorno a questa musica. - Ora ne si annuncia prossima la prima rappresentazione dell’annunciata farsa di anonimo | milanese, La figlia di Domenico. — Savio e lodevole divisamente è quello di far conoscere nelle accademie private alcune composizioni musicali di autori che illustrarono I’ arte in epoche a noi remote, o la perfezionarono dappoi. Dall’immediato confronto di (pianto avvi di più bello in ogni genere nelle antiche c nelle moderne scuole, si apprende a giudicare se ciò che nel linguaggio de’ contemporanei si chiama invenzione e progresso, nel linguaggio universale dell’arte non sia invece un abuso. Il programma de’pezzi venerdì sera eseguili in casa Branca, insieme alla musica de’secoli XVIII e XIX, presentava eziandio quella del XVII. Lulli, il fondatore dell’opera in Francia, si trovava al cospetto di Rossini, nè i virginci pezzi del primo scapitarono al confronto de’ brillanti cd armoniosi del secondo. I. Duetto nella Prova di un’opera seria di Gnocco. 2. Ferzctto nella Grotta di Trofonio di Salicri, composto nel 1785, pozzo del maggiore interesse e di delizioso effetto: esso forma partedeiraMlofqjà’ci classica della Gazzetta musica/c-1844. 3. Salve Regina di Mandanici, già lodata in questo giornale. 4. Duetto ncir.iÿncse di Paer, commovente c magico. 5. Quartetto nel Demetrio e Polibio, eletta inspirazione giovanile del maestro de’ maestri. fi Sonata in re minore di Beethoven sì drammatica ed imponente. 7. Duetto nel Marinerò di Siviglia, eseguito dagli Illustrissimi Conte. Pompeo Belgiojoso c Principe Giuseppe Poniatowski, gli imperanti fra gli amatori di musica in Italia. 8. Scena di Caronte nell’AIceste di Lulli, opera rappresentata a Parigi nel 1674, ridondante di melodie ben appropriate alle parole, e di un carattere assai marcato: brano tuttora di bellissimo risultato. 9. Preghiera nel Roberto il Diavolo unita alla nostra Gazzetta nel primo anno. 10. Inno alla Carità di Rossini, in cui e più spontanee armonie c modulazioni mirabilmente son congiunte a cantilene le più larghe, le più pure, le più soavi. Parto degno dell’unico che lo creò. Tali furono i pezzi dell’accademia, de’ singoli esecutori della quale non ci vien permesso far parola. CARTEGGIO PARTICOLARE Firenze, 4 Gennajo 1845. La mattina della domenica, 29 del mese passato, ebbe luogo mia grande. Accademia alla società filarmonica, che riuscì di pieno gradimento dei numerosi assistenti. Oltreché dei molli e distintissimi artisti c dilettanti, che vi presero attiva parte, tra i quali noveravasi altresì la celebre Ungher-Sabaticr, torna ciò in special lode del principe Carlo Poniatowski, benemerito ed operoso direttore della amministrazione musicale della società, che secondalo dalle due abilissime dilettanti la principessa Elisa Poniatowski nata Santini e la signora Carolina de’ Filippi nata contessa del Testa, trovò modo di ripiegare l’accademia, che, per improvvisa malattia di distinta signora che dovea prendervi una principalissima parte, poco mancò non potesse aver luogo. Tra i molti pezzi, tutti dal più al meno bene eseguili, i maggiori applausi furono per la overtura c la magnifica introduzione del Guglielmo Teli, pel diletto di Maria di Rudenz, benissimo cantato dalla Ungher-Sabaticr c dal cavaliere Ippolili, c specialmente per la preghiera u Robert, o loi, etc. u del Roberto il Diavolo, con tanto sentimento, con tanta squisitezza di arte cantata dalla Unghcr, che non potè