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— 207 — novellieri; il Sanazarro, o altri che sia, avviò mille poeti pel sentiero delle capre; il Marini trasse a sè tutta la italiana letteratura; c lo stesso Frugoni diè lena a versiscioltai. Oggi, dopo lo Scozzese, tutti gli scrittori si danno a produr romanzi. 1 pittori poi seguirono così davvicino i lor caposcuola, che soventi si ha difficoltà a discernere le opere del maestro da quelle del discepolo; ed è forse per questo che nelle pinacoteche veggiamo talvolta marcati col nome di un altissimo pittore de’quadri che luti’ al più saranno fattura de’suoi contraffattori..Nell’arte musicale, ancor più che nella poesia c nella pittura, veggiamo imitatoli senza numero; laonde, i Puleslriniani, e i Marcclliani, e gli Ilavdniani, e più presso noi i Rossiniani e persino i Belliniani sorsero a ccntinaja, nè a prima giunta si discernono le opere dell imitalo da quelle dell’imitatore se non da chi ha fino orecchio per ravvisarle ad alcune sfuggevoli differenze di intrinseca natura del genio. E molto facile il mordere colla satira musicale simili contraffattori, e basta prender di mira i difetti del genio, che li trasse dietro, per esser sicuri di coglierli tutti; perchè i difetti sono più presto imitati, che le vere bellezze, le quali sono di esclusiva pertinenza del genio. Sebbene la struttura dei moderni componimenti non abbia più quella grolla uniformità che avevano assunta alcun tempo addietro, in cui le arie, i duetti, i terzetti, i cori, le sinfonie, avean tutti la stessa forma; perciocché cran tutti, nè più nè meno, modellali sui vecchi rondò; pure vi sarebbe molto a satirizzare anco sulla struttura de’ modernissimi componimenti, lo tentai eziandio su quest’argomenlo un mordace strambotto e lo intitolai: Le moderne forme. Incomincia la satira con un movimento agitalo de’v ioloucelli basalo sovra un pedale de’contrabbassi, e a tratto si odono delle forti bolle o degli acuii o de’ bassi, armonizzate ricercatamente, cui rispondono talvolta alcuni tocchi piani di qualche islromenlo, o soltanto uno squillo. Quelle bolle e que’ tocchi vun facendosi più spessi e burlescamente si avvicinano in modo che il tutto insieme diventa una tempesta di fortissimi colpi di tutta orchestra. Succede un adagio a modo degli odierni quartetti, ove una parte spiega il soggetto d’un far largo e dignitoso, con qualche bizzarria di mezzo; entra poscia un’altra parie, la (piale replica il tema alla noia, c la prima intanto frappone (pia e la delle voci interrotte, ove meno s* aspettano. Sorge la terza a cantare l’istessissimo tema, e le altre due vi giocano per entro a vicenda con queste note interrotte, come fossero due cagnelli che si rispondono ad intervalli con un tronco abbajare svoglialo. Entra finalmente la (piarla voce., replicando la solila cantilena, di cui le tre prime vati riempiendo i vani, o la accompagnano colle loro brevi e burlesche frasette, l’asso alle cadenze, e le (piatirò voci abbandonale a sè, senza accompagnamento, mi eccezione di qualche colpo di gran-cassa, si corrono dietro una all’altra, ora una si ferma e l’altra corre, ora si armonizzano o con note puntale o con note legale, e così via v.a giuncando facetamente sui modi di cadenze prolungale. Di poi incomincia un allegro con un accompagnamento semplice. che sospendo dopo una battuta, per sostituirne un altro ricercalcllo e spartito su varj i.slromenli; spiego una scherzevole cabaletta, e dopo quattro battute, accennando di voler progredire coll’inventare nuove cose, la interrompo all’istante per ripi. gliare, quasi forzato dall’uso, le sue prime battute e compio il periodo facendola cadere con ricercata modulazione in lontano tuono. La seconda parte della cabaletta si risolve in varie modulazioni che mi portano a cadenze nel tuono primitivo. Accenno poscia un crescente alla Generali, (die tronco d’un subito per assumere un movimento agitalo, il (piale pure abbandono appena incominciato per intraprendere un alleo movimento di tutta forza e a sbattimento d’orchestra, e (pieslo mi conduce a una lunga fermala su di una voce sola e indi a un lungo richiamo della cabalici la. Torna la caballelta, ma non più colle reticenze di prima, e vien via scorrevole tino a una serie di cadenze in varie guise, in varj tuoni che vado a cogliere di sbalzo. Finalmente con voci ora acute, i or profonde, con gorgheggi ora fra le botte {orti e I staccale, ora fra gli sbattimenti d orchestra, ora la| sciando svolazzare una voce sola, ora unendole tutte all’unisono con tutti gli islromenti, termina il componimento aggiungendovi un incessante rollare di tamburo, e un tanbussare di gran-cassa che rimangono pur talvolta soli e talvolta cadono colle botte universali. In questi componimenti scherzosi si possono usare le voci di canto senza la parola, come io ho praticato nella satira ora descritta; c i cantanti pronunciano solamente le vocali a, e, i, o, u, secondo che 1‘ una o l’altra torni più a proposito; con che la satira somministra maggior argomento di risa, e d’altra parte riesce più coperta. A questo modo si rende pur manifesto che i soli concetti musicali, senza l’ajuto di parole, bastano ad esprimere la satira evidentemente. Giova ripetere finalmente che tali componimenti satirici cadono facilmente, se non si adotta uno stile lepidissimo e chiaro, e se non v‘ ha un certo gusto nella scelta de’ pensieri, I e una condotta la quale, intanto che appare stralicila,! vuol esser pure denormata da molta intelligenza, come i veggiamo aver fallo i classici, i quali hanno profuso । ne’ lor componimenti scherzevoli maggior dottrina e maggior artificio che ne’ componimenti consueti. D’altra parte è duopo clic sì aggiunga un’esecuzione perfetta, e se v’hanno cantori è d uopo che mirino nello spirilo de’ concetti e li rendano col brio e col vezzo loro proprio. I Con sì lunga cicalala non vorrei aver invoglialo tulio il mondo a satirizzare, di maniera che la mole delle salire avesse a farsi maggiore di quella delle opere satirizzate. Ciò vedemmo altra rolla essere avvenuto fra i letterali; ma noi musici, più savj di loro, I non vogliamo cadere in tale incongruenza. Il genio alla vera satira è in ogni arte il pili raro; perchè la natura ha dato a pochi di saper cogliere i punti che ranno utilmente posti in discredilo; e i modi di pungerli leggiadramente sul vivo non si rinvengono se non da chi abbia una mente penetrantissima e mollo acume । d’ingegno, e mente e ingegno fatti apposta per pigliare a gabbo i difetti altrui. E (pii pongo line, senza accorgermi se ni’ abbia ì dello abbastanza bene, lo ho assai tempo meditato intorno a’ia musica, e mi sono sempre esercitato in | questa bell’arte, quantunque sia assai piccolo il frutto! che se ne redo, nondimeno, c per quel tanto che egli | è, e per la mania che mi s’è fitta in corpo di cicalare su varie tesi musicali, ho voluto dimostrare il giudichi mio anche su questa della salira, e vaglia l’autorità mia (pianto ella può, ch’io stesso non ho opinione di spacciarla per mollo. NECROLOGIA Francesco Boyle, maestro compositore di musica c | professore di bel canto non è più! Col 27 novembre, testé decorso, sorgeva por lui I’ ultimo sole, e per gli amici suoi altissima cagione di perenne compianto. La sua urna benché povera e modesta non andò priva di una lagrima e d’un fiore, il suo talento artistico benché verecondo e bersaglialo dalla sorte, non verrà defraudato in questa Gazzella musicale d’un geniale ricordo! Nasceva il Boyle in Piacenza I’ an! no 1787, c in giovinezza apprendeva la musica qual ornamento di sua educazione, ma poi un rovinìo in| cessante di contrari eventi mandava a fondo il pingue patrimonio paterno, e lo spingeva ad abbracciare quest’arie (piai mezzo di sostentamento. Accintosi allora con ogni lena a studiare la composizione, in poco • tempo tulli ne penetrò i più difficili magislerj, c per arra de’ suoi profilli diede ben presto alla luce varie ’ sue musicali lui-librazioni sacre c profane che menali rono grido in sua patria di cose mollo stimabili e i l prometlitrici di lusinghiera riuscita al giovane compositore. A cogliere miglior campo pe simi sludj egli trasloca vasi in Milano c (pii nel 181!) esponeva sulle scene del Teatro Re // (.’m-nora/c di Venezia, Opera buffa, accarezzala dai Milanesi con (ali applausi che a lui frullavano la sci iti tira per nn’allra Opera, neU’anno vegnente, all’islesso teatro. La composizione della.S7raggia era già mollo inoltrala, allorché assalilo da misteriosa malattia, cui né tampoco seppe trovare il nome la scienza di molli medici invocala a consulto, in lui miseramente s inaridivano le care fonti della vista. Oppose magnanimo petto a tanta sventura, e so questa accresceva la copia de’ nuovi bisogni, il suo coraggio sapea aumentarsi di novelle forze; spento era il lume diesile pupille, ma in lui più che mai brillava il raggio della mente; e con questo scorreva maestrevolmente tuttavia l’amico pianoforte, e proseguiva a dar lezioni di canto, accompagnando sulla tastiera i pezzi antichi c i più moderni con tutta franchezza; perchè una sol volta udita da lui una composizione musicale restava nella sua memoria stampata; e, vedi cosa mirabile! (piando assiso al magico istromento, le vuole ocehiaje nascoste da colorate lenti, venia pregato di cimlRi’e o di accompagnare, era ben raro il caso che alcuno dell’udienza, ignaro della sua infermità, non si prestasse gentilmente a volgergli le pagine musicali come se da lui venissero Ielle in quel momento, tanta era l’illusione suscitala dalla facilità, dall’esattezza, dall’anima, dalli rapidità con cui sapea interpretare quelle note e quelle frasi: stupendo fenomeno dell’umano jntellello, raccogliere in sè come in vasto archivio un migliajo di sparliti di svariatissimi compositori e non obbliar neppur uno di quei canti nè una sola di quelle, armonie e ripeterle fedelmente ad ogni improvvisa inchiesta! Da questa meravigliosa alliludme del suo ingegno ci è dato il credere che. un tal uomo polca forse esser notalo un giorno fra le glorie il’Dalia se un immile desiino non lo avesse condannato sul fior della vita a sì deplorabile condizione, (àmie, maestro di canto formi) varj allievi, dilettanti la maggior parle, c caro ornamento delle nostre maggiori società; fra quelli dedicali al teatro noteremo la bella rinomanza del tenor Bolognesi (v illima al par di Nourrit d’un disperalo eccesso per non sapersi rassegnare al naturale deperimento d una voce troppo a lungo esercitala, e con esso al decrescere dell ambilo plauso popolari1), c il bravo Reina, artista a nessuno secondo per animala espressione di canto. Se. poi vogliamo considerare il Boyle come semplice cittadino troveremo m lui un raro esempio di filosofica costanza; la sventura venne ben presto a visitarlo, ma non potè rapirgli il sorriso del1 anima tranquilla, il conforto d una cara sposa, I apprezzo e l’amore di molli c leali amici. L. G. Z. I i A GA32STTI1Î0 smimnAts»< vas». w<» — La pubblicazione del primo dei tre Cori di Rossini, intitolali La Fede, La Speranza e Za Carità, attesi con tanta ansietà da tutto il mon lo musicale, verrà forse ritardata (Falcimi giorni in causa di qualche modificazione che il celebre autore ha creduto praticarvi. — 11 signor Arditi, nella sera dell’annunciata Accademia data al Teatro Re, fu segno del più gentile accoglimento per patte del pubblico. Questo giovane vie. finiste, previa indefessa continuazione di studj, può al. tendere a bella meta. Il pianista signor Slrakoscb ebbe puri* applausi, ed in vero la sua fantasia sui molivi della Amia e dell’ZVùtr racchiudeva de’ traili di beifi elTcllo: lia i (piali va distinta la variazione sulla Romanza l. na furtiva lagrima. CARTEGGIO PARTICOLARE Firenze, 7 dicembre (sii. — La sera del dì ultimo del decorso novembre la solita società di dilettanti si produsse nuovamente sulle scene del teatro del Cocomero a vantaggio questa volta delle vittime delle ultimamente avvenute inondazioni, recitando la commedia in tre atti intitolala /.e mariage