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NOTIZIE


SULLA VITA


D I   A R C H E S T R A T O


DI


DOMENICO SCINA’



Famose, come è noto ne’ tempi antichi, e celebrate furono in ogni parte la cucina di Sicilia, la nostra mensa, e le nostre vivande. Gli stranieri veniano tra noi ad apprender l’arte di condire i cibi, e il nostro Labdaco fu il maestro de’ cucinieri i più rinomati della Grecia 1: anzi da Sicilia quasi per moda, e a segno di grandezza chiamavano i loro cuochi i personaggi più ricchi tra i Greci, o in grazia degli Ateniesi scrisse Miteco il Cucinier Siciliano 2. Era così comune e generale il pregio, in cui si tenea la nostra cucina, che i comici, i quali sogliono gli usi motteggiare e i costumi de’ tempi, spesso ricordano le vivande preparate alla maniera di Sicilia, e d’ordinario recano in iscena de’ cuochi siciliani, o in Sicilia ammaestrati. Alessi, fra gli altri, introduce un cuoco, che menando gran vanto, va egli dicendo: «Ho io appreso così bene a cuocere le vivande in Sicilia, che per il piacere farò ai commensali morsicare i tegami ed i piattelli 3.„

Quest’arte venne tra i Siciliani a tanta fama, perchè erano opulenti e pieni di lusso: mangiavano essi due volte al giorno, e sempre a sazietà,

  1. Antippo presso Aten. lib. 9, cap. 15, pagina 404, ed. Casaubono.
  2. Plat. in Gorg. Il titolo era Όψοποιΐα Σικελικἡ.
  3. Presso Aten. I, 4, c. 20, p. 169.
ricercavan de’ manicaretti, e la varietà amavan de’ cibi 1; ma come erano coltissimi le arti e le scienze volgeano a loro comodo, e raffinavano col favore di queste gli stessi piaceri della vita. Sibari e Siracusa vivenno forse con eguale mollezza, ma questa, e non quella, facea coll’ingegno e la coltura più lieti i desinari. Panfilio sedendo a mensa non parlava che in versi 2, Carmo adattava alle vivande, non senza grazia, un verso di Omero o di Euripide o d’altro poeta 3, e in Sicilia furono trovati alcuni giocolini, che poteano dopo cena tenere in festa la brigata 4. Non è dunque da
  1. Lett. di Plat. presso Aten. l. 12, c. 6, p. 527.
  2. Aten. l. 1, c. 4, p. 4.
  3. Aten. loc. cit.
  4. Il più famoso tra questi giuochi era il Cottabo, il quale consistea in colpire col vino lanciato in alto artificiosamente un piccolissimo piattello attaccato alla estremità d’un’asta orizzontale in equillbrio. — S’alzava sopra un piede una colonnetta, che si chiamava il candelabro alla cui cima si tenea fermata nel mezzo per un perno quell’asta, la quale ad una estremità attaccato portava il piattellino, che era detto la plastinge; di modo che l’asta formava una bilancetta in equilibrio, le cui braccia si moveano intorno al perno. Attaccata al