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DISCORSO UNIVERSALE IN LODE DELLE
scienze et dell'Arti liberali, e Mechaniche.
in commune.
F

RA tutti i decori, et ornamenti, che mirabilmente aggrandiscono questo elevato microcosmo dell'huomo, per naturale instinto bramoso di gloria, e pieno d'infinito desio di grandezza lodevole, può senza dubbio alcuno riputarsi il primo e principale il glorioso possesso delle scienze, et dell'arti, si come da gli idioti avvilito, e negletto, così dà saggi tenuto per vero habito dell'animo heroico, in se stesso splendidissimo, e singolare. E non è di mistieri usar fatica estrema nel dimostrar cotesta verità da tutte le parti, con forti, e validi argomenti favorita, e sostentata. Perché se l'huomo havesse risguardo alla perfettione, all'utilità, all'honore che recan seco, vederebbe più che evidentemente quanto gli ignoranti s'ingannino in dannare le scienze, et l'arti, e quanto saggiamente operino i [Valentiniano Imperatore inimico delle lettere.]studiosi d'amendue, ricchi di senno, e di prudenza vera ornatissimi affatto. Quanto per mia fede si mostro sciocco Valentiniano Imperatore, il quale perseguitò di modo le lettere, che più duro essiglio soffersero sotto di lui, che le virtù sotto Heliogabalo, e sotto Commodo, padri [Thamo Re de Egitto inimico delle lettere.]veramente di tutti i vitiosi, e scelerati huomini del mondo. E quanto veramente apparve odioso, e stomachevole il detto ignorante di Thamo Re d'Egitto, che osò con aperta temerità chiamar dannosi, e nocivi i litterati, e schernirsi delle scienze, come di cosa abietta, vilissima, e profana?[Licinio Imperatore inimico delle lettere.] Ma qual maggior sciocchezza, e qual più manifesta ignoranza si può narrar di quella di Licinio Imperator Romano, che usò di nominar le lettere veneno, e peste publica dignissima dell'odio di tutte le persone di questo mondo? Et a costui sono da uguagliarsi se non da porre innanzi quelli, che fondati nel parer di Platone, dissero le scienze haver havuto origine da un certo demonio Theuto nominato, qual fù, secondo Eusebio nel primo de preparatione Evangelica al capitolo sesto, da gli Egitij chiamato Thoith, et da gli Alessandrini Tohth, et da Greci Mercurio, non intendendo i miseri, che il divin Filosofo per demone significhi un saggio, così in greco chiamato, come anco il nome di Mago, all'apparente prononci odioso, appresso a' Persi ottiene il medesimo significato. Ma benché, se fossero mediocremente intelligenti,[Filippo Beroaldo.] saprebbono almeno, che le lettere, o sono state (come recita il Beroaldo in una sua oratione) ritrovate da Mercurio, overo dà Fenici, dà quali Cadmo le prese, e portolle in Grecia, ed indi fur da Dardani trasportate in Italia; overo sono state ritrovate da gli Assirij, o dagli Hebrei, come tengono assai de gli ecclesiastici scrittori. Hora la perfettione dalle scienze, et dall'arti cagionata è tanto aperta, e chiara,