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lupperà in quell’anno sono mantenuti a spese delle sostanze elaborate ed assorbite nell’anno antecedente, e non ancora indurite; eppertanto il legno in seguito si altera meno facilmente, siccome spoglio di gran parte delle sostanze non ancora solidificate nell’organismo vegetale.
Tutto insomma ci conferma che appena venga alterato l’ufficio delle foglie o delle radici, ossia la relazione strettissima che esiste fra le loro funzioni, la pianta, sebbene continui ad assorbire umidità, cessa di elaborare materiali nuovi, e mantiene la respirazione o supplisce ai bisogni proprii, elaborando materiali già stati assimilati, e che già formano parte del proprio organismo.
Il dottor Zanardini1 oppone che vi sono piante, quali le Aerides e Tillandsie, che vivono ed aumentano sospese nell’aria.
Ora, ci dice, quali materiali inorganici possono in tal caso intaccare le radici mediante l’acido carbonico proveniente dalle foglie? Come riparano al perduto senza ritrarre alimento alcuno dal suolo? Sappiamo benissimo che le piante a radici bulbose, tuberose o carnose vivono e vegetano fuori del terreno a spese della propria sostanza, e ammettiamo pure che tutti i vegetabili, al termine normale della loro vita, cessano di elaborare sostanze esterne consumando parte dei loro stessi materiali; ma, nel primo caso notevole e progressiva è la diminuzione di sostanza consumata a sostegno della vita, nel secondo evidenti sono i fenomeni che palesano un languore vitale, mentre nelle piante suaccennate (le Aerides e Tillandsie) anzichè diminuzione, vi è continuo aumento di sostanza, e piuttosto che languore, cresce la vigoria col crescere della fase vegetativa.
Nelle piante che vivono sospese nell’aria, le foglie o le radici dovrebbero essere pertanto inutili. Pure un semplice riflesso basta a provare la non inutilità delle une e delle altre. Queste piante allorchè vivono sospese nel-
- ↑ Relazione del D.r Zanardini all’Istituto Veneto