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Carducci e il Prof. Pietro Casanova; ch’io qui nomino, ringraziando, per debito di gratitudine. Mi guardai sempre, a poter mio, quanto il metro e la poesia concedeva, dall’aggiugnere anche bazzecole: dacchè l’incantevole e sobria e possente ingenuità dell’originale stimai sacra cosa, e da non doversene disperdere in bella prova pur un atomo. Nè tuttavia m’incontrò di potermene sempre sempre astenere. Le parole chiuse tra le parentesi quadre dovetti aggiunger di mio, per compiere il senso, ai frammenti più mutili. Tentai d’infondere nel verso passione, serbando fedeltà: — debbo soggiungere, per avviso a’ pedanti, fedeltà poetica, non letterale? — Del metro saffico non presi cura, nè sollecitudine, imitando altri: quel metro per vero strangola il traduttore, lo sforza a stemperare ogni strofa greca in due strofe, o poco meno, italiane, e invita gli arbitrii; quel metro inceppa sempre, e tira a distorcere, a intarsiare, ad annacquare. E veramente anche i nostri maggiori lirici non l’ebbero dimestico. Ogni frammento accettai; pur taluno sospetto o quasi certamente apocrifo: bastando a me che già fosse creduto di Saffo o si creda ancora; e solamente notandolo qui di dubbia