Pagina:Foscolo, Ugo – Prose, Vol. III, 1920 – BEIC 1824364.djvu/78

72 vii - viaggio sentimentale di yorick


mezzo, e gli diedi mano a saltarlo. Voltandolo a me a rimirarlo, m’accorsi che avea quarantanni. — Tant’è — dissi meco: — qualche buon’anima mi sarà parimente caritatevole quand’io forse n’avrò novanta. —

E sento un istinto che m’inchina alla misericordia verso questi malarrivati aborti della mia specie, i quali non hanno gagliardia né presenza da farsi largo nel mondo. Né potrei veder soverchiato veruno d’essi e non risentirmene. Ma non sí tosto m’assisi accanto al vecchio ufficiale, seguí sotto al nostro palchetto una scena che esercitò il mio naturale risentimento.

Havvi a capo dell’orchestra, tra l’orchestra e il primo ordine de’ palchetti, una piazzetta riserbata, dove, quando il teatro è affollato, molte persone d’ogni grado vi si ricovrano, standosi ritti come nel parterre e pagando come se sedessero nell’orchestra. Un povero animaletto inerme della classe pigmea fu, non so come, travolto in quel tristissimo asilo: era una sera d’estate, ed egli si stava attorniato d’animali due piedi e mezzo piú alti di lui, e indicibilmente, dovunque ei si volgesse, angustiato. Ma la sua maggiore tribolazione era il gran corpo d’un tedesco da sei in sette piedi, il quale si frapponeva direttamente tra il nano ed ogni possibilità di mandare un’occhiata alla scena e agli attori. Industriavasi il meschinello alla meglio per poter esplorare le cose alle quali egli sapeva d’esser presente, e mendicava qualche spiraglio tra il braccio e il torso di quel tedesco, provandosi or da un lato or dall’altro: ma quel tedesco s’era piantato tutto d’un pezzo nella positura la piú indiscreta che uno si possa ideare. Poteva bensí il nano idearsi d’essere allora nel piú profondo pozzo della città: però allungò con creanza la mano sino alla manica del tedesco e gli disse la sua passione. Il tedesco si volse, lo squadrò come un di Golia con David, e si ripiantò inesorabile nella sua positura.

Io mi pigliava in quel punto una presa nella tabacchiera del mio buon frate. — Oh come il tuo mite e cortese spirito, caro il mio frate, si temperato a patire e a compatire, oh come inchinerebbe affabilmente l’orecchio alla querela di questa povera creatura! —