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difesa pel sergente armani 207


dalle cose i colori, e alla pietosa
notte del mondo concedea la cura;
ed ella, del regal suo velo eterno
spiegando il lembo, raccendea negli astri
la morta luce e la spegnea sul volto
degli stanchi mortali. Era il tuon queto
de’ fulmini guerrieri, e ne vagava
sol per la valle il fumo atro, confuso
colle nebbie de’ boschi e de’ torrenti.
Eran quete le selve, eran dell’aure
queti i sospiri; ma lugubri e cupi
s’udian gemiti e grida in lontananza
di languenti feriti, e un calpestio
di cavalli e di fanti, e sotto il grave
peso de’ bronzi un cigolio di rote,
che mestizia e terror mettea nel core.

L’altra dote di questo genere di sciolti si è che il Monti, evitando il fragore di troppe e magne parole, di cui si compiacea tanto il Frugoni, reputato come dio dello sciolto ed oggi ancora imitato, procaccia a se stesso ed a’ poeti che nasceranno in Italia, madre fecondissima d’ingegni, un verso veracemente narrativo, che dipinga alla mente ed al cuore piú che non suoni all’orecchio, ed adempie cosí il desiderio del grande Chiabrera, il quale scrisse al Tasso che ei teneva alta mente repostum non potersi dare vera epopea in rima.

Parve all’autore di scrivere in ottava tutta la narrazione di Terigi; però il quinto ed il sesto canto sono in questo metro: quelle segnatamente che descrivono la spedizione in Egitto ed i provvedimenti di Bonaparte ci sembrano meravigliose. Vi troviamo il nerbo del Poliziano, l’abbondanza dell’Ariosto e la passione del Tasso, ed una precisione di frase tutta propria al genio del Monti. L’allusione del sole alla monarchia sarà un giorno citata fra gli squarci classici della nostra poesia.

          Delle stelle monarca egli s’asside
     sul trono della luce, e con eterna
     unica legge il moto e i rai divide
     ai seguaci pianeti, e li governa.