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136 vii - viaggio sentimentale di yorick


— Tosato, e come! e nel vivo! — diss’io. — Ma, se tu fossi nella terra de’ miei padri, dove ho un abituro, io ti raccorrei meco per ricovrarti: tu mangeresti del mio pane e berresti nella mia tazza1; sarei buono col tuo Silvio: a te debole e vagabonda, io verrei sempre dietro per ravviarti: al tramontar del sole io direi le mie preghiere; e, quando avessi finito, tu soneresti il salmo della sera sul tuo flauto: né l’incenso del mio sacrificio saria meno accetto, salendo ne’ cieli con quello d’un cuore straziato. —

La natura stempravasi dentro di me mentr’io parlava; e Maria, osservando che il fazzoletto che io mi traeva di tasca era omai troppo molle per asciugarmi gli occhi, voleva lavarmelo nel ruscello.

— E dove lo rasciugherai tu, Maria?

— Nel mio seno — rispose; — mi farà bene.

— Tanto arde ancora il tuo cuore, Maria? — le diss’io.

Io toccava una corda su la quale erano tesi tutti i suoi guai: fissò alquanto gli occhi smarriti sul mio volto; poi, senza dirmi parola, prese il suo flauto e sonò l’orazione alla Vergine. La vibrazione della corda da me toccata cessò: in uno o due minuti Maria si riebbe: lasciò andare il suo flauto, e s’alzò.

— E dove vai tu, Maria? — Dissemi a Moulins. — Vuoi tu venirci meco? — diss’io. — Appoggiò il suo braccio sul mio, lentando la cordella al cagnoletto perché ci seguisse. Cosí entrammo in città.

LXV

MARIA

MOULINS

Quantunque io aborra i saluti e le accoglienze sul mercato: pure, quando fummo in mezzo alla piazza di Moulins, mi fermai per pigliarmi l’ultima occhiata e l’ultimo addio da Maria.

  1. «De pane pauperis comede[F.]