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ultime lettere di iacopo ortis 57

fanciulletta furono cosí improvvise ed inconsolabili, che niuno di noi potè frenare le lagrime. Appena ella udi ch’ei partiva, gli si attaccò al collo, e singhiozzando gli ripeteva: — O mio Iacopo, perché mi lasci? O mio Iacopo, torna presto. — Né potendo egli resistere a tanta pietá, posò l’Isabella fra le braccia di Teresa. — Addio — disse — addio — ed uscì. Il signore T*** lo accompagnò sino al limitare della casa, e lo abbracciò piú volte, e lo baciò lagrimando, lasciando senza poter proferire parola: ne strinse la mano, augurandoci il buon viaggio.

Era giá notte: non si tosto fummo a casa, egli ordinò a Michele di allestire il forziere; e mi pregò instantemente perché io tornassi a Padova per prendere le lettere offertegli dal professore C***. Io partii sul fatto.

Allora sotto la lettera, che la mattina avea scritta per me, aggiunse questo poscritto:

Poiché non ho potuto risparmiarti il cordoglio di prestarmi gli uffici supremi (e giá m’era, prima che tu venissi, risolto di scriverne al parroco), aggiungi anche questa ultima pietá ai tanti tuoi benefici. Fa’ ch’io sia sepolto, cosí come sarò trovato, in un sito abbandonato, di notte, senza esequie, senza lapide, sotto i pini del colle che guarda la chiesa. Il ritratto di Teresa sia sotterrato col mio cadavere.

23 marzo 1799.

L’amico tuo
Iacopo Ortis.


Usci nuovamente; alle ore 11 appiè di un monte due miglia discosto dalla sua casa, bussò alla porta di un contadino, e lo destò domandandogli dell’acqua, e ne bevve molta.

Ritornato a casa dopo la mezzanotte, uscì tosto di stanza, e porse al ragazzo una lettera sigillata per me, raccomandandogli di consegnarla a me solo. E stringendogli la mano: — Addio, Michele! amami — e lo mirava affettuosamente. Poi, lasciandolo a un tratto, rientrò, serrandosi dietro la porta. Continuò la lettera per Teresa.