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ultime lettere di iacopo ortis 49


Sigillò questo foglio e lo consegnò senza soprascritta. S’assise. e, incrociate le braccia su lo scrittoio, vi posò la fronte. Piú volte il servo gli chiese se abbisognava d’altro; ei, senza rivolgersi, gli fé’ cenno con la testa, che no. Quel giorno incominciò la seguente lettera per Teresa.

mercoledí, ore 5.

Rasségnati a’ voleri del cielo, e cerca la tua felicitá nella pace domestica e nella concordia con quello sposo che la sorte ti ha destinato. Tu hai un padre generoso e infelice; tu dèi riunirlo a tua madre, la quale solitaria e piangente forse chiama te sola: tu devi la tua vita alla tua fama. Io solo..., io solo morendo troverò pace, e la lascerò alla tua famiglia; ma tu, povera sfortunata...

Quanti giorni sono ch’io prendo a scriverti, e non posso continuare! O sommo Iddio, vedo che tu non mi abbandoni nell’ora suprema; e questa costanza è il maggiore de’ tuoi benefici. Io morirò quando avrò ricevuta la benedizione di mia madre e gli ultimi abbracciamenti dal mio solo amico. Da lui tuo padre avrá le tue lettere, e tu pure gli darai le mie: saranno testimonio della tua virtú e della santitá del nostro amore. No, mia Teresa, non sei tu cagione della mia morte. Tutte le mie passioni disperate, le disavventure delle persone piú care al mio cuore, gli umani delitti, la sicurezza della mia perpetua schiavitú e dell’obbrobrio perpetuo della mia patria venduta... tutto insomma da gran tempo era scritto: e tu, donna celeste, potevi soltanto raddolcire il mio destino; ma placarlo, oh! non mai. Ho veduto in te sola il ristoro di tutti i miei mali, ed osai lusingarmi; e, poiché per una irresistibile forza tu mi hai amato, il mio cuore ti ha creduta tutta sua; tu mi hai amato, e tu m’ami..., ed ora che ti perdo, io chiamo in aiuto la morte. Prega tuo padre di non dimenticarsi di me: non per affliggersi, ma per mitigare con la sua compassione il tuo dolore, e per ricordarsi sempre ch’egli ha un’altra figlia.

Ma tu no, sola amica di questo sfortunato, tu non avrai cuore di obbliarmi. Rileggi sempre queste mie ultime parole, ch’io

U. Foscolo, Prose - II. 4