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ultime lettere di iacopo ortis 47


20 marzo, a sera.

Io era forte; ma questo fu l’ultimo colpo, che ha quasi prostrata la mia fermezza! Nondimeno quello ch’è decretato è decretato. Ma tu, mio Dio, che miri nel profondo, tu vedi che questo è sacrificio di sangue.

Ella era, o Lorenzo, con la sua sorellina, e parea che volesse sfuggirmi; ma poi s’assise, e l’Isabellina tutta compunta se le posò su le ginocchia. — Teresa — le diss’io, accostandomi e prendendole la mano. — Ella mi guardò: e quella innocente, gettando il suo braccio sul collo di Teresa e alzando il viso, le parlava sottovoce: — Iacopo non mi ama piú. — Io la intesi. — S’io t’amo? — e abbassandomi e abbracciandola: —T’amo — io le diceva, — t’amo teneramente; ma tu non mi vedrai piú. — O mio fratello! — Teresa mi contemplava atterrita, e stringeva l’Isabellina, e rivolgea pur gli occhi verso di me. — Tu ci lascerai, — mi disse — e questa fanciulletta sará compagna de’ miei giorni e sollievo de’ miei dolori: io le parlerò sempre del suo amico... e le insegnerò a piangerti e a benedirti. — E a queste ultime parole le lagrime le pioveano dagli occhi; ed io ti scrivo con le mani calde ancor del suo pianto. — Addio — soggiunse — addio, eternamente; eccoti adempiuta la mia promessa e si trasse dal seno il suo ritratto; — eccoti adempiuta la mia promessa. Addio, per sempre! Va’, fuggi, e porta con te la memoria di questa sfortunata: è bagnato delle mie lagrime e delle lagrime di mia madre. — E con le sue mani lo appendeva al mio collo e lo nascondeva nel mio petto, lo stesi le braccia, e me la strinsi sul cuore, e i suoi sospiri confortavano le arse mie labbra, e giá la mia bocca... un pallore di morte si sparse su la sua faccia; e, mentre mi respingeva, io, toccandole la mano, la sentii fredda, tremante, e con voce soffocata e languente mi disse: — Abbi pietá! addio. — E si abbandonò sul sofá, stringendosi presso, quanto poteva, la Isabellina, che piangeva con noi. — Entrava suo padre, e il nostro misero stato avvelenò forse i suoi rimorsi.