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ultime lettere di iacopo ortis 35


armi de’conquistatori; e opprimono le genti con le passioni, i furori e le astuzie di chi vuole regnare.

Lorenzo, sai tu dove vive ancora la vera virtú? In noi pochi, deboli e sventurati; in noi che, dopo avere esperimentati tutti gli errori e sentiti tutti i mali della vita, sappiamo compiangerii e soccorrerli. Tu, o compassione, sei la sola virtú! Tutte le altre sono virtú usuraie.

Ma, mentre io guardo dall’alto le follie e le fatali sciagure della umanitá, non mi sento forse tutte le passioni, e la debolezza ed il pianto, soli elementi dell’uomo? Non sospiro ognor la mia patria? Non dico a me lagrimando: — Tu hai una madre e un amico, tu ami, te aspetta una schiera di miseri? Dove fuggi? Anche nelle terre straniere ti seguiranno la perfidia degli uomini e i dolori e la morte: qui cadrai forse, e niuno avrá compassione di te; e tu senti pure nel tuo misero petto il bisogno di essere compianto. Abbandonato da tutti, non chiedi aiuto dal cielo? Non t’ascolta; eppure nelle tue afflizioni il tuo cuore torna involontario a lui. —

O natura! Hai tu forse bisogno di noi sciagurati, e ci consideri come i vermi e gl’insetti che vediamo brulicare e moltiplicarsi senza sapere a che vivano? Ma se tu ci hai dotati del funesto istinto della vita, onde il mortale non cada sotto la soma delle sue infermitá ed ubbidisca fatalmente a tutte le tue leggi, perché poi darci questo dono ancor piú funesto della ragione? Noi tocchiamo con mano tutte le nostre sciagure, ignorando sempre il modo di ristorarle.

Perché dunque io fuggo? E in quali lontane contrade io vado a perdermi? Dove mai troverò gli uomini diversi dagli uomini? Conosco i disastri, le infermitá e la indigenza, che fuori della mia patria mi aspettano? Ah no! Io tornerò a voi, o sacre terre, che prime udiste i miei vagiti, dove tante volte ho riposato queste mie membra affaticate, dove ho trovato nella oscuritá e nella pace i miei pochi piaceri, dove nel dolore ho confidati i miei pianti. Poiché tutto è vestito di tristezza per me, se null’altro posso ancora sperare che il sonno eterno della morte, voi sole, o mie selve, udirete il mio ultimo lamento,