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338 vi - commento alla «chioma di berenice»


lettore, né essi lo sanno. Insomma spero di avere seguite tutte le loro leggi, perch’ei, quand’io riderò de’ lor libri, non gridino piú: — Fate altrettanto; — e lo han pur gridato quelle anime di cimici! Ho tentato il loro stile; se non che, ad ora ad ora il mio è men freddo: ma questa è colpa (pur troppo!) piú della natura che mia. Per potere vantare con essi «ne integrum quidem mensem tribus poëtis recensendis impendi», e sí fatte glorie, io in quattro mesi ho pensato, scritto e stampato questo libercolo; e di ciò mi sieno testimonio tutti i letterati di Milano, amici e nemici. * E, come i nostri dottissimi, «sub aliena umbra latentes, nunquam auctores, semper interpretes» (Sen., ep. 33.), * ho citato a tutto potere, sebbene io mi sia uomo, come ognun sa, di scarsa lettura e di pochissimi libri: altra fonte di gloria per gli eruditi, i quali «scrivono or malati or senza libri». Però madamigella Anna Lefèvre dice nel comento di Callimaco: «Libri mei me non comitantur in urbe». Ma, poiché qui la fo da erudito, sappi, lettore, ch’io ho scritto e stampato in fretta; ed ora vo correggendo gli ultimi fogli di stampa malato d’occhi e di cuore. E tutto questo mese d’ottobre non ho avuto libri a mia voglia; perciocché questi bibliotecari «ambrosiani e nazionali» fanno feste e villeggiature piú che non si conviene ad uomini «letterati» ed aiutatori di «letterati». Ma sia cosí. Eccoti, o per dritto o per torto, il libro scritto e stampato, e molti errori col libro. Anzi di parecchi mi sono avveduto; ma né li mostro né li correggo, per lasciare agli eruditi la gloria di arguta dottrina e la voluttá di dottissime villanie. Sorriderá l’anima dell’amico mio, se degnerá d’uscire della sua quiete per queste mortali commedie. Per me ho in animo di seguire a combattere nella stessa maniera, usando delle stesse armi degli uomini dotti. Onde preparerò l’edizione di una profezia antichissima della sibilla etrusca, di cui i monaci di San Dionisio trovarono la versione greca. La profezia mi dará opportunitá di arcana erudizione, poiché la si aggira tutta sulle stringhe slacciate di un paio di brache, sul feudo della Vipera, sulle setole di Anteo e sopra Arione, che scongiurava i diavoli in corpo alle cavalle, come un dí facea il figliuolo d’Isai co’ diavoli del suo re.

 ... O pater et rex
Iuppiter, ut pereat positum rubigine telum
nec quisquam noceat cupido mihi pacis! At ille
qui me commorit, melius non tangere! Clamo,
flebit et insignis tota cantabitur urbe.