Pagina:Foscolo, Ugo – Prose, Vol. II, 1913 – BEIC 1823663.djvu/320

314 vi - commento alla «chioma di berenice»


E veramente è si splendida, che talora non è vinta dalla luce diurna. Anche Virgilio:

          Qualis ubi Oceani perfusus Lucifer unda,
          quem Venus ante alias astrorum diligit ignis,
          extulit os sacrum coelo tenebrasque resolvit.

Divini versi, de’ quali fu fonte Omero (Il., v, v. 5), imitato da Pindaro (istmica iv, 41 e sg.), da Dante ( Purg ., canto xii, 88). * E la grazia del Berni cantò di Lucifero (Orlando inn., canto xxvii, st. 47):

               Ogni stella del ciel s’era partita,
               fuorché quella che il Sol si manda avante.

Ma il divino ingegno dell’epico inglese adornò la stella di Venere d’uffici sacri. Perché, quando Adamo libò le prime dolcezze dalla sua vergine sposa, «l’augello amoroso della notte cantò il cantico dell’imeneo, ordinando all’astro della sera di apparire pronto sulla cima della montagna per farvi brillare la face nuziale».*

Or, tornando alla questione, se fosse vera la osservazione del Conti, che Zefiro, dovendo passare per la regione planetaria, abbia deposta la chioma nel grembo della «Venere celeste», converrebbe credere che questa diva fosse locata anche da Callimaco nel terzo cielo, cominciando a numerare que’ globi dal Sole. Or vediamo come questa Diana o Dione, o universa natura abitante nel cielo, fosse adorata sotto il nome di «Venere celeste». Ricavo da Cicerone (libro iii De nat. deor., cap. 41) quattro Veneri, donde poi pullulò quel numero di Veneri con diversi e strani cognomi: 1° Procreata dal Cielo e dall’Aria. 2° Dalla spuma del mare e dal sangue de’ genitali. 3° Da Giove. 4° La dea Siria, di cui abbondantemente Luciano: sebbene è da osservarsi che quest’ultima Venere è derivazione della prima, a cui fu associata Semiramide. * L’autore degl’inni apposti ad Orfeo chiama con religione egizia Venere anche la «genitrice Notte», origine delle cose, e degli uomini, e de’ celesti.* Platone nel Convito distingue due Veneri, una terrestre e sensuale, l’altra celeste e spirituale, e quindi due Amori. Ora la Venere, a cui «reca Zefiro le chiome» di Berenice, sia quella del terzo cielo, sia un’altra seduta nel coro degli dèi, deve certamente essere la celeste, di cui non abbiamo favole invereconde. Dal seguente passo d’Artemidoro si desume ch’ella era la inventrice della divinazione. Τὴν Ἀφροδίτην Οὐρανίαν φύσεων