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considerazione decima 313


CONSIDERAZIONE DECIMA

venere celeste.

Verso 56.  Et Veneris casto conlocat in gremio.

Il Conti crede che la Venere, nel cui «grembo casto» Zefiro posa le chiome, sia la Venere planetaria; la quale, prescindendo dalle moderne nozioni, noi andremo considerando secondo le idee degli antichi. E’ s’è giá veduto il pianeta di Venere essere stella di Giunone, d’Iside, di Diana, della madre degli dèi (Considerazione III, p. 283), e Plinio lo chiama (lib. i, cap. 8) «ingens sidus appellatum Veneris, alterno meatu vagum ipsisque cognominibus aemulum Solis ac Lunae... Huius natura cuncta generantur in terris». Quindi reggeva col nome d’Espero i cavalli della Luna quando sorgeva dall’Oceano, come tuttoggi si vede in Roma nell’arco costantiniano; e col nome di Lucifero, Φωσφόρος, era detto «portatore del Sole». Due nomi ch’egli ebbe ne’ tempi piú illustrati dalle scienze. Cicerone, De natura deorum, lib. ii: «Stella Veneris, quae Phosphoros graece, Lucifer latine dicitur, cum antegreditur Solem, cum subsequitur vero Hesperus». Ma sino dagli antichissimi tempi i persiani con uno stesso rito e con diversi nomi adoravano Espero, Diana e Venere (G. Gern. Vossio, Dell’idolat., lib. vii, 1 ). Quindi, per le ragioni dimostrate nella precedente Considerazione, Semiramide fu adorata sotto il nome di Venere, figliuola di Dione o per Venere Dione, uno de’ primi idoli femminili dell’Asia (Bianchini, Storia univers ., deca iii, cap. 21). E da Dione venne il nome di Diana: il che prova ognor piú le congetture nostre sull’antichitá del dio cacciatore. I poeti frattanto, dopo Omero, che chiamò Espero la piú bella delle stelle (Il., xxii, 318), la ascrissero sempre alla piú bella delle dive. Mosco, Id., vii:

               Ἕσπερε τἄς ἐρατᾶς χρύσεον φάος Ἀφρογενείας,
               Ἕσπερε, κυανέας ίερὸν φίλε νυκτὸς ἄγαλμα.
          Espero, aureo splendore dell’amabile Venere,
          Espero caro, sacro ornamento della notte cerulea.