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290 vi - commento alla «chioma di berenice»


               At nunc, laevior aere vel rotando
               horti tubere quod creavit unda,
               ridentes fugis et times puellas;
               ut mortem citius venire credas
               scito iam capitis perisse partem.

Pari alla costernazione di questo garzonetto di Petronio dev’essere stata quella di Smerdia, amato da Policrate di Samo e dal vecchio Anacreonte. Il tiranno, avvisando che il fanciullo fosse lusingato dal canto del poeta, lo fece radere per gelosia (Eliano, Storie varie, lib. ix, 4; Ateneo, lib. xii, 9). Licurgo, severissimo contro tutte le mollezze, lasciò inviolate le chiome, perch’ei diceva che accrescevano bellezza a’ belli e fnceano piú terribili i brutti (Plutarco, in Licurgo e in Lisandro). Ma Paolo apostolo (Ad Corinth., i, cap. xi, 14) vieta le chiome, perch’ei promoveva una setta d’uomini che hanno ad essere dimessi e di aspetto e di cuore. * Piaceano bensí al beato apostolo le donne crinite ( ibid ., 15), e piacciono anche a me. * Onde il teologo inglese Carlo Maetio (Sylva quaest. insignium) nega a’ cristiani ciò che Licurgo non negava a’ lacedemoni. Rispose Iacopo Revio nel libretto Libertas Christiana circa usum capillitii defensa; e la questione divenne acre, e fu nel secolo passato sorgente di sofismi teologici e d’ingiurie. Ma di che argomento non sono eglino benemeriti i teologi? Ben fa Lorenzo Sterne, ὀ πακαρίτης, che, quantunque parroco anch’egli, beffa fumando i teologi Didio e Futatorio (The life and opinions of Tristram Shandy, vol. iv, cap. 27).

Or, poiché la chioma fu sì cara cosa per gli antichi, Berenice die’ gran pegno di amore al marito, votando la sua. Temendo forse Domiziano che i popoli non fossero al suo tempo sì creduli come sotto a’ primi Tolomei (sebbene avrebbe trovato e poeti e sacerdoti ed astronomi, che di capelli avrebbero fatto stelle: * ed Orazio promettevalo alla strega Canidia:

                . . . . . . Sive mendaci lira
               voles sonori; tu pudica, tu proba
               perambulabis astra sidtis aureum.

                Epod., XVII, 39),*

consecrò ad Esculapio in Pergamo dentro una pisside d’oro la chioma di Flavio Earino, avvenentissimo giovinetto (Stazio, Selve, iii). Ma non le chiome solo: i giovinetti consecravano la prima lanugine del mento a’ numi dotati di eterna gioventú (Callim., in