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discorso secondo 247


stato agguerrito di quegl’imperi, nati dagli eserciti e da’ capitani d’Alessandro1. Fra tutte le guerre, quella mossa da Tolomeo Evergete ci venne serbata da Giustino2. Seleuco, che ereditò da Antioco il trono della Siria, uccise la matrigna, sorella di Tolomeo Evergete, ed il figliuoletto di lei. Per la fraterna vendetta e per isperanza di conquiste volò Tolomeo. Ribellarono le cittá avverse a Seleuco, e con quelle cittá si univa all’egizio tutta la Siria, se da domestica sedizione non fosse stato richiamato a’ suoi regni. Rinforzatosi Seleuco, assalì l'Egitto; ma, vinto, rifuggiì in Antiochia al fratello Antioco, giovinetto di anni quattordici. Assumendo costui virile ardimento ed astuzia principesca, mosse l’esercito sotto sembianza d’aiuto, ma per arricchirsi delle spoglie fraterne, abusando della fede ospitale e della sventura del re consanguineo. Tolomeo, per rompere le forze collegate, o che si avvedesse che la guerra occulta fra questi due, ove fossero senza timore d’altro nemico, li distruggerebbe alla scoperta, si pacificò con Seleuco. Ed i fratelli, d’alleati, tornarono nemici implacabili, commettendosi alle armi de’ Galli mercenari, che si pasceano dell’oro del vinto e del sangue del vincitore.

Di queste tre guerre la prima e la seconda distano di pochi mesi3. Pongo le nozze di Berenice dopo la prima, perché fu interrotta da sedizioni domestiche, delle quali Callimaco non fa motto, né il ritorno sarebbe stato sì fausto alla regina. Anzi, non mentovandosi dagli storici sedizioni sotto Evergete, credo che le parole di Giustino alludano alle insidie tramategli dalla regina di Cirene, che, per li patti della pace con Aga, era sotto la dipendenza dell’Egitto. Né poteano avvenir molto prima. Aga ebbe lunghissimo regno di anni cinquantuno. Le quali congetture mi persuadono a porre le nozze pochi di innanzi la seconda guerra, giacché il re «partì nel tempo del nuovo imeneo».

  1. * «Les rois de Sytie virent toujours avec une envie extrème la felicitè du royaume d’Egypte; ils ne songèrent qu’à le conquirir». Montesquieu, Grandeur et dècadence des romains, cap. 3.*
  2. Lib. xvii, cap. 1 sgg.
  3. Giustino, lib. xxvii, cap. 2.