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18 iv - seconda redazione delle


un conquistatore, e non ha per conforto se non la speranza di sorridere su la sua bara. — Tacque... ed io dopo lunghissimo silenzio esclamai: — O Cocceo Nerva! tu almeno sapevi morire incontaminato1. — Il vecchio mi guardò: — Se tu né speri, né temi fuori di questo mondo... — e mi stringeva la mano — ma io... — Alzò gli occhi al cielo, e quella severa sua fisonomia si raddolciva di un soave conforto, come s’ei lassú contemplasse tutte le sue speranze. Intesi un calpestio che s’avanzava verso di noi, e poi travidi gente fra’ tigli: ci rizzammo, ed io l’accompagnai sino alle sue stanze.

Ah! s’io non mi sentissi omai spento quel fuoco celeste che nel caro tempo della fresca mia gioventú spargeva raggi su tutte le cose che mi stavano intorno, mentre ora vo brancolando in una vota oscuritá! S’io potessi avere un tetto ove dormire sicuro; se non mi fosse conteso di rinselvarmi fra le ombre del mio romitorio; se un amore disperato, che la mia ragione combatte sempre e che non può vincere mai...; questo amore ch’io celo a me stesso, ma che riarde ogni giorno e che è omai onnipotente, immortale (ahi! la natura ci ha dotati di questa passione, che è indomabile in noi forse piú dell’istinto fatale della vita); se io potessi insomma impetrare un anno solo di calma, il tuo povero amico vorrebbe sciogliere ancora un voto e poi morire. Io odo la mia patria che grida: — Scrivi ciò che vedesti. Manderò la mia voce dalle rovine, e ti ditterò la mia storia. Piangeranno i secoli su la mia solitudine; e le genti s’ammaestreranno nelle mie disavventure. Il tempo abbatte il forte, e i delitti di sangue sono lavati nel sangue. — E tu lo sai, Lorenzo: avrei il coraggio di

  1. Questa esclamazione dell’Ortis dee mirare a quel passo di Tacito: «Cocceo Nerva assiduo col principe, in tutta umana e divina ragione dottissimo, florido di fortuna e di vita, si pose in cuor di morire. Tiberio il seppe, e instò interrogandolo, pregandolo, sino a confessare che gli sarebbe di rimorso e di macchia se il suo famigliarissimo amico fuggisse senza ragioni la vita. Nerva sdegnò il discorso; anzi s’astenne d’ogni alimento. Chi sapea la sua mente, dice% f a ch’ei, piú da presso veg35 gendo i mali della repubblica, per ira e sospetto volle, finché era illibato e non cimentato, onestamente finire». Ann., iv. [F.]