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ii - saggio di novelle del sanvitale 193


lontano principio. Le scuole tutte di letteratura non trovarono sino ad ora prosa migliore di quella del Boccacci, e tutto quello che non siegue il Boccacci, e soprattutto nelle novelle, vien sentenziato come barbarie. Essi vanno magnificando lo stile del Boccacci, perché credono che lo stile tutto consista ne’ vocaboli della lingua, nella sintassi, nelle frasi e nel ritmo del periodo. Ma queste non sono se non le apparenze dello stile: ma la sostanza dello stile sta nella maniera di concepire i pensieri e di sentire gli affetti. Onde l’autore, che pensa fortemente, che vede i pensieri chiaramente e che sente con veemenza le passioni, trova agevolmente parole nella sua lingua, quando egli l’abbia studiata, e sa, senz’affettazione, prevalersi de’ tesori di sintassi che i nostri antichi ci lasciarono ne’ loro libri. E, poiché tutti gli uomini hanno una maniera diversa di concepire e di sentire, ne segue che, prendendo le apparenze dallo stile altrui, si vestono di un abito che non è fatto al loro dosso. Quindi i tanti scrittori affettati, freddi, piú curiosi delle parole che de’ pensieri, piú del ritmo che della passione: quindi il frondeggiar delle frasi senza frutti, e quella universale inopia, che abbiamo, d’ottimi prosatori. E, se il Galileo e Niccolò Machiavelli sono considerati come ottimi prosatori, ciò appunto deriva dalle loro idee originali e dalla loro maniera di sentire e di vedere, sebbene né l’uno né l’altro di questi autori obbediscano sempre alla grammatica, né imitino in alcuna parte il Boccacci. Ma l’autore filosofo di romanzi, il quale dipinge tutte le opinioni e i costumi de’ suoi tempi, tutte le passioni come sono modificate dalla fortuna e dalla rivoluzione de’ governi, si serve dello stile de’ suoi tempi, vale a dire della maniera di vedere e di sentire de’ suoi contemporanei. Poiché le apparenze dello stile, che stanno nella lingua, nella sintassi e nelle frasi, oltreché piegano anch’esse e si adattano all’autore, possono con utile temperamento essere adottate, e soprattutto la lingua; né v’ha parola, per vieta e stravagante che sia, la quale non possa a tempo e luogo essere usata da un autore moderno; non v’ha frase che non possa star bene in qualunque libro: ma l’arte sta nel tempo e nel luogo, o piuttosto nella piena dell’idee che