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178 v - scritti e frammenti vari


1

Il mio cavallo andava di passo per la via dell’Apennino, e il mio cane mi seguitava.

«Addio, addio, beato paese, ove la fortuna mi avea fatto obbliare per alcun poco le miserie dei mortali!». Il mio cavallo intanto si fermava, perch’io potessi rivolgermi, e salutar da lontano i colli di Bologna, e la mia solitudine, e te, o Luigi, che forse parlavi secretamente di me...

Il nominarmi era delitto.

E te e te..., deliziosa fanciulla, che allora, chi sa? non ti accorgevi nemmen piú ch’io ti mancassi.

Ma... addio! il destino forse mi ricondurrá piú felice e piú saggio... Ma... conviene dunque ch’io beva la saviezza nel calice della sventura? Sia: quand’io sarò stanco della burrasca, il naufragio sará sempre pronto. Addio, dunque. Che, se mai, se mai non mi vedeste piú... e se...

2

Se... —

Conviene, peraltro, ch’io mi faccia conoscere a tutti quelli che non mi conoscono. Io dunque sono uno strumento fatto per ogni tuono, e appunto appunto per modulare le transazioni.

Nel momento de’ miei «addio», un reggimento di usseri trottava verso la Toscana. Il mio cavallo era normando di razza, di alta taglia, baio dorato, coda all’inglese, ampio petto, gambe snelle, orecchie ritte collo e testa marziale...; e v’era da scommettere cento contr’uno che nelle prime campagne della guerra presente egli avesse avuto il nome, le funzioni e le qualitá di Baiardo. Vero è ch’egli avea bisogno d’una valdrappa assai larga che gli coprisse la groppa; e, se si deve credere alla cronologia de’ cinque compratori che mi hanno preceduto, egli non contava che sedici anni... piú o meno.