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i - frammenti di un romanzo autobiografico 177

SECONDO GRUPPO

Proemio

Rispetto alla dedica del libro, io la offro a me stesso. Ed è questo, dacché mi son posto a cucire la mia odissea, l’unico pensiero veramente commodo e pronto. Non mi costa un minuto di «sì», di «no», di «ma», e mi risparmia la fatica e il rossore di scrivere una dedicatoria. Ond’io posso dal mio canto risparmiare e al mecenate e al lettore due pagine per lo meno di noia. Le cose tra me e me si passano in confidenza. D’altronde de’ miei avi, bisavi e proavi non saprei che mi dire; non li conosco. Potrei rimediare a questa ignoranza e al vuoto della carta col mio panegirico: ma non si può né si deve, e l’ipocrisia la proscrive assolutamente; e poi... chi crederebbe?... Biasimiamoci. Progetto nuovo e in salvo dalle mentite... Ecco, per altro, violate le regole, e la mia dedicatoria non sarebbe piú una dedicatoria.

Nondimeno bisogna confessare che il libro è mutilato.

Vittoria, lettore! m’alzo a mezzo il pranzo, per non lasciarmi scappare il piú bel pensiero del mondo. La dedica sará scritta o dall’editore, o dallo stampatore, o dal libraio, o da un amico, o da qualche letterato, o da... — Odore di rancidume!

Dovrete dunque sempre, vergini muse, baciare la mano della ricchezza, che offre sprezzatamente un tozzo di pane al vostro sacerdote?

Lettore, finiamola; tu m’hai fatto tastare una certa corda... ed io non ci vo’ piú pensare: non ci pensar nemmen tu.

Ma lo stampatore, per non caricarsi la conscienza del pentimento de’ compratori, che crederanno di portarsi a casa il libro con tutte le adiacenze e pertinenze, aggiunga nel frontespizio a lettere maiuscole: «Vi sará l’epigrafe, non la dedica: chi la vuole se la scriva».