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164 notizia bibliografica


dalle passioni, e da passioni necessarie a chi scrive, e con ragionamenti e con affetti e con quadri somministrati dalla natura costernata a morte nell’individuo, e quindi fedeli, e perciò piú creduti. Che se l’architettura sola del libro fu fatta ad animo riposato, e quasi tutti i materiali erano giá usciti da un cuore giovenile esasperato dalla patria perduta, dall’amore infelice, e nell’accesso della sua febbre, qual meraviglia che l’opinione del suicidio s’appigli all’altrui fantasia? Ma l’autore tedesco non ebbe l’intento dell’italiano, né scriveva in epoca di violenti commozioni politiche, quando gli uomini, per poter fortemente agire, son necessitati a deliberarsi a morire. «Stimò il suicidio uno degli avvenimenti piú notabili dell’umana natura e degno d’essere trattato in ogni etá dagli autori. Le meditazioni su la morte volontaria gli fecero entrar il capriccio d’uccidersi: onde, per guarirne piacevolmente, andò per due anni studiandosi di esporre il suicidio in un quadro poetico, e non gli veniva mai fatto. Finché un giovine di sua conoscenza, che aveva il carattere esterno, i costumi, gli studi e finanche il modo di vestire di Werther, si ammazzò per una donna maritata. Allora l’autore radunò, come per inspirazione, sopra questo individuo tutto quello ch’ei medesimo aveva sentito in sé, riflettendo al suicidio, e provato nelle proprie passioni d’amore; e il romanzo gli venne scritto in un mese»1. Ma l’elleboro, che giovò a espellere la malattia dal cervello dell’autore, la portò nell’altrui. E i cervelli «erano allora sí caldi in Germania, che — traduciamo la frase del signor Goethe — bastava una scintilla a far scoppiare la mina»2. Or chi legge sí fatti libri, s’accorge che, se l’uno degli autori fu condotto, dal troppo sentire, a precipitarsi nel sepolcro, e se all’altro dal troppo riflettere gliene venne l’intento, ebbero nondimeno tanto vigore di mente da rientrare in sé e da misurare l’abisso e descriverlo. Ma nessuno potrá scusarli del modo. Werther, essendo esplosione d’ingegno che concentrò e scagliò istantaneo il foco raccolto da lungo tempo, infiammerá piú improvviso e riescirá

  1. Vedi la Vita, recentemente pubblicata dal signor Goethe, scritta da esso: Aus meinem Leben, Dichlutig und Wahrheit; dritter Theil; Tübingen, in der J. G. Cottaschen Buchhandlung, 1814. Quanto sta qui rinchiuso fra le due virgolette («») l’abbiamo estratto dal lungo ragguaglio che l’autore del Werther ne dá, dalla p. 320 alla 358 del volume terzo.
  2. Pag. 149.