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delle ultime lettere di iacopo ortis 161


de’ favori della fortuna, la quale si vendica condannandoli a terribili strette; la compiacenza orgogliosa della propria generositá, il disprezzo dell’altrui biasimo; quindi lo sdegno altero, la intolleranza1 e la misantropia, e la guerra tacita e la nessuna speranza di riconciliazione con que’ tanti, che o per interesse o per abitudine non possono operare che secondo le regole ordinarie del mondo; quindi fanno un mondo appartato che, consistendo di pochi, è di necessitá oppresso dai piú. Quando l’Ortis a quel forestiero, che gli si accostò per introdursi alla sua conoscenza, rispose: — «Io? Io, signor mio, non ho mai potuto conoscere me medesimo negli altri mortali: però non credo che gli altri possano mai conoscere se medesimi in me»; — mostrò, con queste parole, che la fonte delle disavventure de’ pochi individui diversi dai molti deriva appunto dal non volere conoscere l’universalitá de’ mortali, e per conseguenza dal non voler secondarla. È vero, l’Ortis desta nobili sensi, e scocca la veritá in guisa che si pianti negli animi giovanili. Pur, chi pesasse l’utile e il danno, vedrebbe per avventura traboccare la bilancia contro l’autore. Non si può negare che ciascuna di quelle lettere non sia riscaldata d’una pietá disinteressata dell’altrui sventure, dettata in noi dalla voce della natura; ma il riassunto riducesi a una specie di sdegno contro la natura, come se la ci avesse creati a patire per le nostre e per l’altrui miserie, e a non poterle scemare. Un uomo strascinato dall’amore a violare l’ospitalitá, a contaminare una vergine e a ravvolgere una famiglia in pericoli, e che lo elude morendo, non somministra, quanto a principio parrebbe, prova del potere del libero arbitrio: da che quest’uomo lascia discernere che tutti gli atti d’onestá sono effetti non tanto della ragione, quanto

  1. Una dama italiana ha descritto il carattere personale dell’autore a cui sono attribuite le Ultime lettere. Fra gli altri tratti, somigliantissimi a quelli dell’Ortis, vi si leggono i seguenti:«Intollerante piú per riflessione che per natura... Si strapperebbe il cuore dal petto, se non gli sembrassero liberissimi i risalti tutti del suo cuore... Ama la solitudine piú profonda... Pare che la vita non gli sia cara, se non perch’ei ne può disporre a suo talento». La Review of Iranslations, di cui citiamo questi passi, dice: «I ritratti scritti da M. Teotochi Albrizzi sono di grande pregio per la storia letteraria, non solo perché danno notizie positive di alcuni celebri scrittori d’Italia, fra’ quali Melchior Cesarotti e il conte Alfieri; ma altresi perché i loro caratteri sono delineati con quella tal cognizione del cuore degli individui che non è conceduta che all’occhio finissimo delle donne, e con tal grazia da abbellire la veritá senza occultarla». Schulthessius.