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mentre tanti filosofi tendono a provare matematicamente la perfettibilitá assoluta dell’uomo, il romanzo è ristampato, e le metafisiche speranze si stanno contente della prima edizione. Non pare che nell’Ortis le donne di misero spirito e di tepido cuore ritroveranno incitamenti a divenire «romanzesche»; né i giovinetti a immolarsi vittime d’amore volgare: anzi potrebbero le fanciulle vedere in Teresa uno specchio dell’amore sacrificato alla castitá e all’obbedienza figliale; e gl’innamorati generosi, benché siano pochissimi, rinvigorire il loro coraggio in quel libro, da posporre la propria vita all’innocenza e alla fama delle loro donne. Né pare che per esso possono traviarsi le menti in sogni di perfezione: perché l’Ortis non solamente vede l’umano genere destinato a guerra perpetua, a insanabile cecitá e a fatale miseria; ma ad ogni pagina ci manifesta d’essere irresistibilmente travolto da quel destino, e, non che vantarsi «intatto da tutti i vizi»1, dice a Dio nella sua ultima confessione2: «Fui corrotto quasi dal mondo, dopo avere sperimentati tutti i suoi vizi»; e quanto piú sente l’orror della morte, tanto piú le passioni, che sono immedesimate alla vita, lo tentano a feroci delitti. Ben può l’Ortis divenire nocivo col produrre il primo de’ danni notati a principio; perché sparge «la luce — com’ei la chiama — funerea del disinganno» negl’intelletti piú atti a vederla, e perché ridesta le fiere passioni ne’ cuori creati a sentirle. I giovani privilegiati di mente svegliata e di anima calda pagano questi doni con la sciagura di dividersi nel loro secreto da tutti gli altri mortali. E tanto piú, quanto piú spremono da’ libri sentimenti e ragioni confacentisi alla loro indole e avversi alla pratica, che fa prosperare per mezzo de’ vizi de’ particolari la societá, quale è ridotta a’ di nostri, e dove ad ogni modo dobbiamo vivere. Noiati dall’altrui freddezza, incapaci di cavar frutto dalla stoltezza dei molti, nauseati della comune venalitá, si concentrano in sé, s’alimentano de’ lor sentimenti, che a poco a poco si convertono in opinioni e finalmente in dimostrazioni innegabili3; quindi la pertinacia nell’esporle. l’incuria

  1. Vedi in principio il frammento d’una lettera tronca [i, 277].
  2. [Pag. 55 di questo vol. ii].
  3. S’è dianzi veduto [a p. 150 di questo ii vol.] come nell’Ortis i dolori succedenti, che lo sospingevano al suicidio, si sono con l’abitudine rinforzati e ridotti per esso ad argomenti concatenati.